Riti di passaggio. da www.microinfusori.it
La ‘comunità’ è protagonista nel protocollo messo a punto dal Servizio di Diabetologia del Polo Sanitario Territoriale Gallico. Grazie ad appositi corsi di formazione, la locale Associazione DiabainoVip, ha espresso dei tutor che affiancano la persona con diabete nel passaggio al micorinfusore.
Nello studio del Diabetologo il paziente entra da solo, tuttalpiù con un parente. Ma nessuno è solo, nessuno deve esserlo. «Il successo di qualsiasi intervento terapeutico dipende – ed è questa la variabile che spesso fa fallire terapie ‘da manuale’ – dalla rete di sostegno che si è creata intorno alla persona con diabete», afferma Mariantonella Ferraro, responsabile del Servizio di Diabetologia del Polo Sanitario Territoriale Gallico nella ASL11 Reggio Calabria, «nella situazione ideale, questa rete è trasparente, dialoga in armonia con il resto del Team diabetologico, ne condivide i saperi e mette in comune le emozioni, diviene insomma uno strumento di cura».
Quella dei Servizi di Diabetologia di Gallico e Polistena, è per certi versi la situazione ideale. Il merito è anche di una associazione dal nome greco: Diabaino al quale è aggiunto per ben due volte Vip: «Ogni paziente è un vip, una very important person, che fa parte integrante del Team diabetologico e veramente importante è la patologia da conoscere e monitorare e questo si fa salpando con una barca – logo dell’associazione- nel meraviglioso stretto tra Scilla e Cariddi che è l’ottava meraviglia del mondo», afferma Maria Antonella Ferraro, responsabile scientifico della Associazione.
«Dire che l’Associazione fa parte del Team non è solo una bella frase. L’Associazione diviene davvero strumento di cura solo svolgendo compiti precisi e determinati, facendo parte insomma del percorso di cura del paziente», spiega Gabriella Violi attivissima presidente dell’associazione e dietista del Team diabetologico, «nel caso del percorso di iniziazione alla terapia con microinfusore per esempio, l’Associazione ha espresso quattro tutor, due dei quali lavorano part time e ricevono un compenso in base a una convenzione fra Servizio di Diabetologia, Associazione e Regione Calabria».
Nel 2007 Diabaino ha organizzato un corso di formazione per tutor: otto pomeriggi per un totale di 16 ore, al quale hanno partecipato una ventina di volontari. I primi si sono formati con un percorso ad hoc svolto sia all’interno sia all’esterno della ASL reggina.
«Il tutor partecipa in modo preciso al percorso di assistenza e cura che porta al microinfusore», afferma Santina, «dal momento in cui la diabetologa ritiene che il passaggio al microinfusore possa aiutare una persona a gestire meglio il diabete e la sua vita, inizia un ciclo di incontri fra il paziente, noi tutor, con la dietista e con lo Specialist della Casa produttrice. Ciascuno ha un suo ruolo. La dietista ripassa le cognizioni alimentari e insegna il calcolo dei carboidrati, lo Specialist della Casa impartisce un addestramento preciso all’uso del microinfusore. Noi tutor facciamo il resto», nota Giusy, che segue i pazienti ai quali è stato prescritto il modello Accu-Chek D-Tron Plus.
Il ‘resto’ significa in primo luogo ascoltare. «Nell’assistenza alla persona con diabete ci sono due elementi che per forza di cose un classico Team fa fatica a garantire. l’ascolto e l’amore», spiega Giusy. «Ascolto significa dare la possibilità a una persona di parlare. Magari anche di lamentarsi, «Frasi come: “Ma cosa mi è capitato!”, “Ma che brutta bestia!”, “Ma perché proprio a me?” Sono cose che tutti abbiamo pensato e tanto vale condividerle», ricorda Santina che ha il diabete da circa 35 anni ed è tutor per Accu-Chek Spirit. L’amore parte dall’ascolto e va oltre. Certo ognuno di noi ha o deve sviluppare, rapporti di amore al di fuori del Team diabetologico per quanto allargato, ma un’associazione offre un’occasione unica: essere amato non ‘nonostante’ il diabete, ma proprio ‘grazie al’ diabete.
Il passaggio dalla terapia multiniettiva al microinfusore sottintende un salto di qualità nel rapporto fra la persona e il diabete. «Finché la terapia consiste in interventi ‘esterni’ come le iniezioni, puoi anche cercare di convivere con il diabete senza accettarlo. Ma quando hai il micro, i problemi di accettazione saltano fuori, è normale che sia così». Non è facile gestire questa fase. A volte si tratta di persone che da 10, da 20 o da 30 anni vivono a fianco del loro diabete senza incontrarlo, «c’è bisogno di un clima di accoglienza, di amore perché questa evoluzione avvenga nel miglior modo possibile», sottolinea Santina.
Spesso le persone che stanno contemplando la possibilità di passare al microinfusore sono invitate a una o più delle numerose iniziative che DiabainoVip organizza fuori dall’ambulatorio, «si tratta di un momento bello e importante nel ‘percorso’», nota Santina, «una cosa è sentirsi dire “Guarda il microinfusore è semplice”, un ‘altra vedere un anziano o un bambino che lo usano tranquillamente. Una cosa è leggere o sapere che il microinfusore offre flessibilità, un’altra vedere la tranquillità e la libertà con la quale le persone che lo usano vivono la loro vita».
Al tutor vengono poi poste le classiche informazioni che le persone con diabete vorrebbero avere sul microinfusore e che solo una persona che lo porta può fornire in modo credibile. “Gli altri lo notano? Cosa dicono?”, “Come si fà nell’intimità?” “Cosa succede se si stacca?”.
L’accoglienza quindi, intesa come ascolto e amore rappresenta l’elemento centrale. «Le informazioni vengono dopo e l’addestramento inizia quando il 99% delle vere domande e delle vere remore ha già avuto una risposta», spiega Santina.
Un momento curioso del ‘protocollo’ del Servizio territoriale diretto dalla dottoressa Ferraro è l’aspetto volutamente rituale dato all’inserimento del microinfusore, che assume a volte le connotazioni di un vero rito come il battesimo. Se possibile non avviene in ambulatorio ma fuori, nel corso dei numerosi weekend e soggiorni educativi organizzati da DiabainoVip.
Perché un rito? I tutor di DiabainoVip sanno che questo aspetto del loro protocollo è abbastanza inconsueto. In altri Centri l’inserimento del microinfusore avviene in ambulatorio, come una normale visita, solo un poco più lunga o prevede qualche giorno di ricovero. “È davvero meglio?”, si chiede Gabriella Violi. «Un rito serve a far coincidere, a sincronizzare il vissuto di una persona con quello degli altri. Per la persona il giorno in cui inserisce il microinfusore è un giorno importante, ha la sensazione che la sua vita stia cambiando. E ha ragione. Perché non condividere tutti insieme questa sensazione?».
I tutor sono particolarmente vicini al paziente nei giorni prima e dopo l’inserimento. I primi giorni chi ha appena messo il microinfusore chiede spesso aiuto, poi sempre meno. «Dopo un po’ ci chiamano per sapere ‘cosa facciamo’ intendendo come associazione», continua Giusy, Il ‘Pump club’, vale a dire il gruppo di persone con microinfusore è il nucleo militante della Diabaino e non per caso.
Due parole ancora intorno ai volontari della DiabainoVip che – oltre al loro ruolo nel percorso di avvicinamento e di gestione del ‘micro’ – hanno un ruolo importante nel funzionamento del servizio di Diabetologia. Chi entra nel Polo Sanitario Territoriale di Polistena e di Gallico trova infatti un ‘banchetto’ ricco di depliant e libretti e sempre presidiato da due o più volontari lo ‘Sportello del Diabete’.
Il ‘banchetto’ serve in teoria per dare informazioni a tutti, soci e non, o per sollecitare all’iscrizione (e a versare il 5 per mille a favore di DiabainoVip Onlus, numero di Codice Fiscale 92029180806). In pratica è un luogo di incontro amicale, ma anche assistenziale. «Molte persone passano in Ambulatorio senza appuntamento, spesso hanno bisogno di un appoggio o di una informazione che noi volontari possiamo dare, a volte può essere sufficiente fermare un attimo l’infermiera o la dietista, in alcuni casi è davvero opportuno parlarne con la diabetologa. Talvolta si tratta solo di persone che, incuriosite dalla postazione, si fermano, chiedono, si informano. Nessuno comunque torna a casa senza avere ciò che desiderava», commenta Giusy.
Questo presidio, e più in generale il lavoro dei tutor e dei volontari, valorizza il lavoro degli altri componenti del Team, «permette a me diabetologa di avere più tempo per essere (e sembrare davvero) medico, per ascoltare il paziente, per toccarlo, perché non c’è vera visita senza ascolto e contatto fisico», conlude Mariantonella Ferraro.