Disturbi del Comportamento Alimentare e Diabete Mellito
Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), costituiscono un quadro clinico di grave e frequente riscontro che insorge prevalentemente durante l’adolescenza.
Gli studi epidemiologici mostrano che le donne sono le più colpite, mentre solo il 15-20% dei pazienti è rappresentato dagli uomini.
I disordini alimentari, di cui Anoressia e Bulimia nervosa sono le manifestazioni più note e comuni, sono diventati nell’ultimo ventennio una vera e propria emergenza di salute mentale per gli effetti devastanti che riflettono sulla salute e sulla vita di adulti e adolescenti. Una persona diventa anoressica quando, riducendo o interrompendo la propria consueta alimentazione, scende sotto l’85% del peso normale in relazione all’età, sesso e altezza.
Il termine Anoressia etimologicamente deriva dal greco (anorexia) che indica la mancanza o la riduzione volontaria di appetito, ed è pertanto contraddistinta da un intenso timore di ingrassare anche quando si ha un peso al di sotto della norma, che comporta un ossessivo controllo del proprio peso indicato dalla bilancia, che inizia con l’evitare tutti i cibi ritenuti grassi, concentrando l’attenzione su alimenti ipocalorici e sulla loro composizione. I pasti non evitati vengono spesso consumati con estrema lentezza, e il corpo è vissuto e percepito in modo talmente alterato da non riconoscere la gravità dell’attuale condizione di sottopeso.
L’anoressia solitamente si manifesta in due tipologie:
– con restrizioni (notevole riduzione degli alimenti da ingerire);
– con abbuffate e successive condotte compensatorie (vomito autoindotto; uso inappropriato di lassativi e diuretici; esagerato esercizio fisico).
La vita della persona anoressica è incentrata sulla questione alimentare a tal punto da non riuscire a provare interesse e entusiasmo verso altro. La preoccupazione per le forme corporee, pervasiva e acritica, si correla a vari sintomi psicologici come la deflessione del tono dell’umore, irritabilità, riduzione della libido, ritiro sociale, difficoltà nella concentrazione e dismorfofobia (visione distorta del proprio aspetto esteriore).
Tuttavia, l’indebita influenza che la forma e il peso corporei esercitano sull’autostima dell’individuo, accomuna l’Anoressia alla Bulimia nervosa.
Bulimia, è anch’esso un termine derivante dal greco (bulimìa) che letteralmente significa “fame da bue” denotata da episodi ricorrenti di abbuffate compulsive, ossia ingestioni di grosse quantità di cibo in brevissimo tempo con assoluta perdita di controllo, poiché il soggetto avverte la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o di controllare cosa e quanto sta mangiando. In seguito al manifestarsi delle abbuffate, compaiono i comportamenti compensatori: autoinduzione del vomito, abuso di lassativi e diuretici, digiuno, iperattività, al fine di prevenire l’aumento di peso. Si crea, dunque, un circolo vizioso mantenuto dall’alternarsi di abbuffate e vomito, e rinforzato dai sentimenti di vergogna e colpa (difatti il vomito rappresenta per il soggetto una forma di autopunizione), di disistima ed evitamento di quelle situazioni sociali in cui è prevista l’azione del mangiare.
I DCA sono il prodotto dell’interazione di molteplici fattori biologici, genetici, ambientali, psicologici e sociali: generalmente uno dei motivi che spinge la persona a sottoporsi ad una dieta eccessiva, concerne la necessità di corrispondere a un canone estetico che premia ed esalta la magrezza. Inoltre, le conseguenze dei DCA sotto il profilo fisico e psicologico sono devastanti: a livello fisico, gli effetti della malnutrizione causano ulcere intestinali, danni ai tessuti dell’apparato digerente, disidratazione, danni cardiaci, al fegato e ai reni, problemi al sistema nervoso con difficoltà di memoria e concentrazione, osteoporosi, emorragie interne, blocco della crescita, ciclo mestruale irregolare (amenorrea), perdita dello smalto dei denti a causa del vomito ripetuto, ipertrofia delle ghiandole salivari; le ripercussioni psicologiche comportano depressione, ansia, stress, impulsività, compromissione delle relazioni sociali, sessuali e familiari, pensieri autolesivi e di suicidio, tendenza a comportamenti maniacali e propensione al perfezionismo.
L’alimentazione scorretta rientra sia fra le potenziali cause d’insorgenza del diabete mellito, sia tra le conseguenze del disagio psicologico vissuto dal paziente in seguito alla mancata accettazione della sua patologia cronica. Tale condizione porta il soggetto ad avere delle abbuffate compulsive per dimostrare a se stesso e al mondo di non avere il diabete, proclamando così la sua “normalità”, ma in altri casi, un DCA può essere causato da un’errata aderenza alla dieta alimentare che porta il pz ad astenersi dal cibo.
Negli ultimi anni si è accumulata una notevole mole di studi che ha suggerito una discreta prevalenza dei DCA nei pazienti con diabete rispetto alla popolazione generale. I comportamenti associati a disturbi alimentari influenzano negativamente il controllo glicometabolico, rendendo ingravescente il decorso del diabete e determinando le complicanze croniche invalidanti a breve e a lungo termine (retinopatia, nefropatia, neuropatia).
L’associazione tra diabete mellito e disordini alimentari è caratterizzata da un controllo instabile e insoddisfacente della glicemia, poiché si riscontrano ricorrenti e gravi episodi di ipoglicemia, chetoacidosi, e una maggiore frequenza di ospedalizzazioni. Nello specifico, il diabete di Tipo 1 rappresenta un terreno fertile per lo sviluppo di un DCA sia per il tipo di popolazione interessata (i giovani) sia per alcune caratteristiche del suo trattamento standard (terapia insulinica e alimentare, attività fisica).
In particolare, avere il diabete rende più vulnerabili ai DCA in quanto implica un’attenzione costante all’alimentazione che crea spesso una preoccupazione (talvolta un’ossessione) nei confronti del cibo, che può essere vissuto come pericoloso, come qualcosa da evitare piuttosto che da moderare. Inoltre, il tipico comportamento assunto dal giovane diabetico con DCA, è quello di manipolare il dosaggio insulinico, riducendo o addirittura sospendendo la terapia insulinica al fine di provocarsi vomito, glicosuria e conseguente calo del peso.
È molto diffusa l’opinione secondo cui l’insulina determina un aumento del peso corporeo, per cui la sospensione dell’insulinoterapia è spesso praticata per promuovere una riduzione del peso. Alcuni ricercatori desumono, quindi, che il diabete faciliti lo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare poiché i pz, rivolgendo un elevato interesse sul conteggio dei carboidrati per gestire efficacemente la loro patologia, sono più predisposti a incorrere in quella “fobia per i carboidrati” contraddistinta dall’intenso timore di ingrassare anche quando si è sottopeso, che costituisce uno dei criteri diagnostici per redigere una diagnosi di anoressia nervosa. I pazienti affetti da diabete mellito, possono per di più rifiutarsi di mangiare dopo aver somministrato l’insulina, alterare il diario glicemico ed altri esami, tentando di manipolare il Team diabetologico facendo leva sulla loro condizione clinica.
Accanto a un preciso programma di terapia diabetologica e dietetica, si rendono perciò necessari interventi psicologici a carattere individuale e di gruppo, soprattutto nei soggetti di più giovane età, psicoterapie di tipo familiare e, in casi ben selezionati, terapie psicofarmacologiche.
Dott. Sapone Rosario A.