Diabaino News – Siamo tutti migranti
“ …E Gesù promise vita migliore all’uomo. E io che sono dalla sua parte sono d’accordo con Lui ma mi sembra che si sia dimenticato di insegnarci un piccolo sistema per vivere quaggiù”. Le parole virgolettate sono una sorta di sintesi della canzone Procissao (Processione) di Gilberto Gil uno dei massimi autori della musica brasiliana della vecchia guardia. Perché questi versi? È da più di un anno che ci parlano degli immigrati come se fossero loro tutti i mali della nostra povera Italia. Siamo nel momento in cui una mela bacata baca tutto il cesto. Questo vittimismo ha influenzato tutti e con social network, che hanno acuito la cosa, siamo diventati tutti esseri dogmatici, dove ognuno di noi sta da parte della ragione. Abbiamo dimenticato tante cose e tralasciando “il porgi l’altra guancia” e “ama il prossimo tuo più di te stesso”, per noi al sud è ancora peggio, abbiamo dimenticato le nostre radici.
“Abbia pazienza, Chevalley, adesso mi spiegherò; noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emiri berberi, ai viceré spagnoli… Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.” Questo brano tratto dal capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo” ci fa capire tante cose. Ad esempio sia in Sicilia che in Calabria alcune nostre comunità hanno origini albanesi e tengono in vita la loro cultura. In alcune parti della Calabria jonica si salutano ancora con i grecismi Kalimera e Kalispera! Dando per buona la tesi del principe Fabrizio, sicuramente ci saranno state tante relazioni fra i nostri avi di eterogenee razze e civiltà, se no come spiegare che, rispetto ad altre popolazioni del nord Europa, le nostre sono miste, bianchi scuri, bassi o alti, neri o biondi. Non mi ci perdiamo nella cromonimia di dannunziana memoria, ma di certo non siamo ariani! E poi i pisellini di Mendel avrebbero dovuto insegnarci qualcosa, senza scomodare Watson e Crick! In Europa siamo arrivati solo prima degli altri!
A proposito di colore, e a supportare la tesi su descritta, Sandro papà di chi scrive, raccontava divertito un episodio accadutogli agli inizi degli anni ’50. Lui di carnagione olivastra passeggiava per il porto di Messina. Ad un tratto scende da una nave un uomo anch’esso di carnagione olivastra che in arabo gli chiede delle informazioni . Sandro non conosceva l’arabo ed è certo che fu scambiato per arabo o quanto meno per un nord africano! La politica sul fattore straniero- immigrato, ci ha distratto da problemi più gravi. Oggi la nenia “ninna nanna ninna oh questo bimbo a chi lo do… gli e lo do all’uomo nero…” L’uomo nero è tornato a seminare terrore anche ai lattanti! Ci hanno portato l’uno contro l’altro. Forse ne abbiamo parlato in un altro articolo ma è il caso di ricordarlo: Thomas Hobbes, filosofo inglese nato nel 1588. Viaggia molto e conosce Galilei e Cartesio. Attraverso le sue opere si dedica molto alla politica. La filosofia hobbesiana, prendendo spunto dall’indagine meccanicistica e matematico-geometrica di Renato Cartesio, Galileo Galilei e Francesco Bacone, vuole fondare una filosofia su basi rigorose e razionali come quelle delle discipline scientifiche, attraverso il ricorso ad una “convenzione” che stabilisca il significato dei termini fondamentali utilizzati nel corso delle riflessione.
Questa indagine razionale prende avvio dalla concezione nominalistica che Hobbes ha del linguaggio, per cui i nomi che l’uomo dà alle cose sono arbitrari ma necessari a coordinare tra loro le conoscenze desunte dalle sensazioni, organizzandole in classi più generali, utili per garantire la comunicazione tra gli esseri umani. Il linguaggio risulta così strettamente connesso per Hobbes al ragionamento e alla conoscenza.
La filosofia politica di Thomas Hobbes è contenuta principalmente nella sua opera più celebre, Il Leviatano. Sinteticamente, l’uomo prima di vivere in società , era in uno stato di natura, vivevano isolati godevano di ogni diritto e davano sfogo a tutto il loro egoismo. È lo stato de “homo homini lupus”, ossia l’uomo che è lupo dell’altro uomo. L’uomo quindi si trova in guerra continua. Si arriva così al secondo stato, quello della “legge di natura”, dettato dal buon senso attraverso tre punti, bisogna fare la pace, rinunziare ai propri diritti, rispetto dei patti. Il terzo e ultimo stato, necessario secondo Hobbes a garantire la pace è quello “politico” a cui si previene con un contratto tra tutti i cittadini. Analizzati i tre stati, la nostra umanità a che stato è o è tornata? Al primo, sembra sia la risposta, “homo, homini, lupus”!
Ci hanno messo tutti contro tutti, i vari stati, compreso il nostro, a proposito del problema dei migranti, ci ha dato, silenziosamente il compito di risolverlo, quando invece gli stati interessati, se volessero e uniti, in quindici minuti risolverebbero il problema! Un drammatico esempio di quel tutto contro tutti: il bimbo nero in una scuola italiana, messo al muro e vilipendiato dal maestro. Anche il diabete entra i questa guerra, come quel bambino rifiutato da una scuola Italiana perché diabetico! Anche noi diabetici siamo stati migranti, da uno stato di salute buono siamo migrati verso uno stato diabetico e una volta arrivati abbiamo avuto contro, nella società dei sani, gente che urla paradossalmente “prima i sani, la sanità ai sani!” E qui per esperienza diretta anche la matematica diventa una opinione. Aghi e strisce per un mese diventano 90 unità, calcolando che alcuni mesi sono di 31 giorni ed eventuali errori si arriva a 100 unità. Troppe dice il dirigente di reparto, 60 al massimo! Perché? Perché torniamo ai migranti, il non intervento ad esempio in Libia, significa avere dei vantaggi sul petrolio! Da questa scuola politica, la riduzione dei sussidi, significa, come detto in altri articoli, bonus produzione per i dirigenti! Risultato uomo contro uomo. Ma noi diabetici superiamo tutto questo perché abbiamo capito sulla nostra pelle che al di là di ogni credo religioso, aldilà del colore della nostra pelle noi sappiamo che il nostro sangue è rosso, con un po’ di zuccheri in più, ma sappiamo di essere fratelli e uguali!
prof. Carmelo Ferraro
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