Un Soggiorno Educativo… di tipo “MIO”

 

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Un piccolo assaggio di quel che è stato il nostro Soggiorno Educativo a Capo Vaticano. L’anno prossimo aspettiamo anche te!

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Corso Residenziale Fandiabet&giovani a Ricadi (VV)

Quando il Diabete va in vacanza…

Una diagnosi di diabete di tipo 1 si presenta fin dall’inizio come un compito arduo sia per il medico che deve comunicare la diagnosi, sia per il paziente che da allora in poi, dovrà rinunciare all’identità da sempre sentita propria e gestire la nuova condizione di malato. Il diabetologo si trova ad operare e a trovare soluzioni all’interno del complesso mondo delle malattie croniche, che a differenza delle malattie acute, le quali con le appropriate cure regrediscono fino alla completa guarigione, possono essere curate ma non guarite definitivamente. Accompagnare il paziente nel vivere giorno per giorno la sua malattia, significa costruire interventi che hanno come obiettivo alleviare la sua sofferenza, ridurre il danno procurato dalla malattia e potenziare le risorse personali al fine di rendere la malattia compatibile con il proprio stile di vita.

Dall’altra parte il paziente che si deve confrontare con la comparsa di una malattia cronica affronta un evento cosi destabilizzante, accompagnato da emozioni complesse, che necessitano di essere sottoposte ad un processo di comprensione, interpretazione e ri-definizione. Il paziente alla luce di questa nuova condizione, da un lato si ritrova a ripensare alla propria vita alla luce dell’irruzione della malattia, dall’altro si deve impegnare nella ricerca di strategie per imparare a convivere con essa, autogestire la propria cura e diventare responsabile del proprio stato di salute. Quando si parla di diabete, non si può fare a meno di considerare anche il grande rilievo che questa malattia ha sulla vita sociale del paziente e della sua famiglia, sui suoi progetti e sulle sue aspirazioni. Fin quanto detto mette in evidenza come le semplici attività di informazione e sensibilizzazione del paziente, da sole non sono sufficienti per scegliere e progettare il miglior trattamento possibile, in quanto la semplice trasmissione di informazioni nella maggior parte dei casi non produce i risultati attesi in termini di cambiamento del proprio comportamento e dello stile di vita del soggetto.

I programmi di Educazione terapeutica si costituiscono come un pratico e concreto supporto per istruire i pazienti e le loro famiglie, nella gestione e nella cura della loro malattia e si caratterizzano per essere dei processi sistematici, di lunga durata che dovrebbero accompagnare la cura a lungo termine del paziente. In particolare i soggiorni educativi oltre ad offrire un’esperienze formativa e allo stesso tempo piacevole, in un clima di incontro con l’Altro, si costituiscono come un importante spazio attivo per  realizzare efficaci programmi di educazione terapeutica.

Spinti dalla consapevolezza che il paziente necessità di avere “Libertà di Vivere con il Diabete” il Coordinamento FAND Calabria referente organizzativo l’associazione FAND Gallico, Diabaino Vip-Vip dello Stretto,  con il Patrocinio del Consiglio Regionale della Calabria, ha proposto il Soggiorno Educativo dal titoloQuando il Diabete va in Vacanza …” svolto nella settimana dal 29 Agosto al 5 Settembre 2015, presso Villaggio Robinson Torre Ruffa San Nicola di Ricadi, Capo Vaticano (VV). I soggiorni educativi offrono ambienti potenziali dove poter proporre ai partecipanti momenti educativi e opportunità di nuovi insegnamenti, dal momento che l’educazione al diabete si costituisce come un processo continuo e costante di apprendimento.

I momenti educativi condotti dall’equipe multidisciplinare, realizzati attraverso lezioni frontali hanno interessato:

  • le conoscenze generali dei partecipanti in merito alla propria malattia,
  • l’adattamento della dose di insulina e la gestione del microinfusore,
  • la dieta e il conteggio dei carboidrati,
  • giochi sugli scambi dietetici
  • simulazioni di situazioni problematiche legate all’iper/ipo glicemia
  • promuovere uno stile di vita sano e l’attività fisica come abitudine quotidiana

Alle lezioni frontali si sono alternati momenti di svago, gioco e divertimento che hanno favorito il confronto tra i partecipanti, i quali hanno potuto condividere i loro problemi e superare la frequente sensazione di isolamento e diversità. Sono stati proposti pasti a buffet che hanno costituito per i partecipanti l’occasione di valutare le conseguenze delle proprie scelte alimentari sui valori della glicemia post- prandiale. Si è deciso di dare spazio anche alle implicazioni psicologiche che il diabete ha sulla vita del paziente e su come gli aspetti emotivi possono influire sul trattamento. Oltre ad essere fondamentali momenti che arrichiscono il percorso di cura dei partecipanti, i soggiorni educativi costituiscono anche un arricchimento professionale per l’intera equipe che oltre ad aver occasione di osservare i ragazzi anche al di fuori dell’ambiente ambulatoriale possono consolidare i rapporti con loro.

La partecipazione ai soggiorni educativi oltre ad avere un valore sul piano educativo nell’insegnare ai partecipanti di essere autonomi nella gestione quotidiana del loro diabete, ha anche un valore sul piano emotivo in quanto può costituire un valido supporto per superare tensioni e paure che spesso accompagnano il vivere con una malattia cronica.

Dott.ssa Caterina Bova

 

 

 

6° SOGGIORNO EDUCATIVO: MARSALA

Ho ricordato le parole di Seneca (5 a.C.-65 d.C.) sulla via del ritorno dal mare: “gli uomini sentono di più con gli occhi che con le orecchie”. Ciò per significare che l’esempio fa da traino.

La mattina del venerdì, dalle ore 7 alle ore 9, è stata magica; nell’aria frizzante camminavamo tra filari di uva dolcissima, scavalcavamo la ferrovia dopo aver salutato il macchinista che ci rispondeva con il fischio della locomotiva, ci salutava il sole che sorgeva e ci mandava i suoi raggi già teporosi, ci guardavano con curiosità gli agricoltori e gli automobilisti e sentivano noi con gli occhi ma non potevano sentire e vedere chi aleggiava su di noi danzante con le sue oscillazioni dolci, controllate, benevole, non tumultuose né fastidiose: il diabete.
Anche durante la settimana avevamo ascoltato con gli occhi la composizione degli alimenti con le “carte da indovina” di Gabriella e Mariantonella e anche ascoltato con gli occhi il conteggio dei carboidrati e… i siti di iniezione sottocutanea dell’insulina.
Come una quinta naturale di un teatro greco si elevava il paesaggio della Sicilia che parlava ai nostri occhi; e così, come mi capita spesso quando sono con voi, mi tornavano alla mente i tempi del liceo e una bellissima poesia di Goethe (1749-1832), Mignon, ispirata dal suo viaggio in Italia e in Sicilia: “Kennst du das Land wo di Zitronen blueh’n?” (Conosci il paese dove fioriscono i limoni?)
Mignon viveva in Sicilia ed era stata rapita da zingari e portata nei paesi del Nord Europa; un giorno Wilhem Meister conobbe Mignon e la sua storia personale e la volle liberare e tenere sotto la sua protezione, ma Mignon dopo breve tempo morì; Goethe immagina che Mignon possa rivolgersi al suo amato, al suo protettore, al suo padre per ricordargli le immagini della Sicilia rimaste impresse nella sua mente fanciullesca.
Come se Denise Pipitone si rivolgesse a noi che, se potessimo, la prenderemmo sotto la nostra protezione e ci dicesse: “Conosci il paese dove viene custodito il Satiro Danzante e l’isola dove è conservato il Giovinetto di Mozia?”.
Faremmo fatica per l’emozione a trattenere le lacrime…

Eros Barantani

Corso Residenziale Pump Club dello Stretto”:

Grande Successo.
L’iniziativa ha avuto lo scopo di studiare le variazioni del tasso glicemico dopo un percorso benessere e dopo percorsi feet-walking, attraverso l’ausilio di holter glicemici impiantati a livello sottocutaneo addominale.

 

Marsala 2012

Corso Residenziale Pump Club dello Stretto “Al di La della Conoscenza”

A Cura di:
Serv. Diabetologia ASP 5 RC PST Gallico
Associazione Diabaino Vip – vip dello Stretto
Associazione Abyss Attività Subacquee

Razionale:
Corso residenziale in sette giornate finalizzato a verificare e approfondire le conoscenze, le competenze e gli atteggiamenti adeguati a gestire nel modo migliore la propria patologia prevenendo le complicanze, gestendo le criticità e valorizzando le potenzialità in un contesto di forte sostegno all’autonomia personale.

Tropea 2013

Un soggiorno per due.

L’Associazione Diabetici Valdarno ha organizzato il suo primo soggiorno educativo insieme alla calabrese Diabaino, che ha una lunga esperienza in materia. Un incontro fra esperienze, approcci e culture diverse che ha interessato i soci dei due sodalizi e i diabetologi coinvolti.

Capita che un campo scuola sia organizzato da due associazioni, un po’ per raggiungere una massa critica, un po’ per dividere le spese e le fatiche dell’organizzazione. Il soggiorno educativo in joint venture organizzato il 21-24 aprile dalla Associazione Diabetici Valdarno è stato però qualcosa di speciale.
Nei campi scuola ‘a due’ partecipano generalmente associazioni o Servizi di diabetologia territorialmente contigui o simili per tipologia. «In questo caso invece ci ha interessato proprio il contratso, la differenza, la novità» afferma Paolo Magrini, presidente della Adv e organizzatore dell’iniziativa che si è tenuta in un elegante agriturismo in mezzo ai boschi tra la Valdarno e il Chianti. Ospiti dei toscani una ventina tra giovani adulti, ragazzi e bambini di Diabaino Vip Vip dello stretto. Neanche il fascino della bellissima location, le passeggiate nei boschi ricchi di caprioli e lepri, i paesi ricchi d’arte e nemmeno la piscina hanno scalfito la forza di volontà dei circa 40 partecipanti che hanno seguito un fitto calendario di interventi educativi che hanno coperto ogni aspetto della terapia del diabete con un accento particolare sul microinfusore.
Lo staff medico a disposizione era infatti ricchissimo. Ospite lo staff del Servizio di Diabetologia dell’ospedale di Arezzo (il responsabile Dott. Paolo Vagheggi, la caposala Rosetta Nocciolini, l’infermiera Stefania Fanelli e la dietista Tiziana Vetralla), Sonia Toni responsabile del servizio di diabetologia pediatrica dell’ospedale Meyer di Firenze, Centro di riferimento regionale e lo staff medico che ormai da tempo accompagna i soggiorni educativi di Diabaino, la responsabile del Servizio di diabetologia territoriale della Asl 11 nei poli di Gallico e Polistena Maria Antonella Ferraro, la dietista e presidente dell’associazione Gabriella Violi. Due diabetologhe calabresi, Achiropita Pucci e Tata Russo e due primari dell’IRCCS Auxologico di Milano, sede di Piancavallo: l�endocrinologo Eros Barantani e lo pneumologo Alberto Salvadori.
Come è tradizione nei campi scuola, molte domande sono state poste durante le ore di ‘aula’ ma ancora di più a pranzo, durante le pause dei lavori o nelle due gite al santuario della Verna e nella città di Arezzo. Dal punto di vista degli organizzatori comunque l’aspetto più interessante è stato dato dalla scelta di ‘ibridare’ l’iniziativa.
Nata nel 1998 l’Associazione diabetici Valdarno ha organizzato manifestazioni di ogni tipo: giornate di informazione su diversi aspetti del diabete e delle complicanze, gite di un giorno e viaggi in Italia e all’estero. «Di tutto insomma, ma mai un campo scuola. Un settore nel quale invece Diabaino ha una ricca esperienza. Noi abbiamo sempre seguito con interesse le iniziative di Diabaino», racconta Magrini che fa parte del Comitato direttivo di Diabete Forum, «quando Renato Saggiorato, editore di libri e riviste sul diabete e nostro amico, mi ha proposto di conoscerli direttamente ho risposto con entusiasmo e dopo aver visto come lavoravano ho proposto loro questa ‘scommessa’». L’Associazione Diabetici Valdarno, 600 soci e una presenza radicata nel fitto tessuto del volontariato nella zona intorno a Montevarchi (tessuto del quale Magrini è punto di riferimento a livello regionale) è abituata a un dialogo costruttivo e di rispetto reciproco con la Regione e a rapporti definiti con l’ambulatorio locale. Tutto il contrario di Diabaino
che è quasi una cosa sola con il Team diabetologico e spesso si sente isolata invece nel dialogo cone le altre istanze del territorio.
Lo stile della associazione calabrese, caratterizzata da una età media giovane, una leadership carismatica e un modo di fare, soprattutto in apparenza fuori dagli schemi, faceva un contrasto con i posati, cauti e più anziani soci della Adv. Col passare delle ore si vedeva però una osmosi. I giovani calabresi divenuti più prudenti e disciplinati ascoltavano ore di interventi senza muoversi dalle sedie. I toscani incuriositi dalle novità divenivano più scherzosi giocavano con i bimbi calabresi, diversi dei quali orgogliosi portatori di microinfusore. L’iniziativa, finanziata da diverse aziende fra le quali Roche Diagnostics che ha inviato un suo esperto per presentare Smart Pix, ha avuto tra gli ospiti Roberto Cocci, presidente di Diabete Forum e della Federazione toscana delle associazioni fra persone con diabete.

Da Modus on line

 

Miracolo al Best Western

Grazie a un incontro casuale, una famiglia passa da un modello di gestione del diabete rigido, normativo e basato su una scarsa fiducia a un modello in cui ai genitori vengono assegnate le conoscenze, le responsabilità ma anche il supporto necessario per riprendere a vivere una vita normale anzi, di più.

Il Best Western Hotel de la Ville è un bell’albergo: ospita convegni e la hall è piena di uomini d’affari con valigetta 24 ore e telefonino incollato all’orecchio. Insomma non sembrerebbe il ‘set’ ideale per un piccolo miracolo. Eppure, scherzando appena appena, in questo modo i genitori di Giorgia definiscono un incontro casuale e estremamente improbabile che ha cambiato la vita loro e della loro bambina. «Ci trovavamo in quell’albergo per un pranzo e – come avveniva ogni volta che eravamo al ristorante insieme, chiesi a un cameriere alcune variazioni al menu per mia figlia», racconta la mamma di Giorgia, «dissi: “Sa ha il diabete e non può assolutamente mangiare questo e quello”». Invece di assumere la solita espressione di circostanza, il cameriere rispose con un aperto sorriso. «Stavo per rispondergli piccata che c’era poco da ridere», ricorda Valentina, ex giocatrice professionista di pallacanestro, «quando il cameriere che era giovanissimo, nemmeno 18 anni, mi rispose. “Lei mi sembra mia mamma. Sa, anche io ho il diabete, ma non è affatto necessario evitare i carboidrati, è tutta questione di avere qualche conoscenza”».
Salutandosi il cameriere diede alla mamma di Giorgia il numero di telefono della sua diabetologa. Sembrava la fine della storia perché i genitori di Giorgia rimasero comunque fedeli al diabetologo dell’ospedale che dopo un bruttissimo esordio in una grave situazione di chetoacidosi, aveva scoperto, dopo molte diagnosi errate da parte di varie istituzioni, che Giorgia aveva il diabete e l’avera ‘tirata fuori’ da una chetoacidosi molto seria. Un bravo medico che, forse a causa della concitata situazione all’esordio, non aveva ritenuto opportuno creare un rapporto di fiducia e responsabilizzazione dei genitori. Dopo l’esordio la famiglia doveva seguire un insieme di regole molto rigide. Cosa non facile con una bambina che allora avvea appena tre anni. «Era come se un terremoto si fosse abbattuto sulla nostra casa», riassume la mamma di Giorgia, «i ritmi di vita di tutti erano assoggettati agli orari inflessibili dei controlli e delle iniezioni. Non era più possible per me fare altro che stare dietro a Giorgia, non si poteva mandarla all’asilo, gli amici e i parenti si sentivano a disagio con questa bimba che non poteva mangiare quasi nulla».
Il numero di telefono lasciato da Antonio il cameriere dell’albergo, rimase in un cassetto fino a una notte in cui per sbaglio la mamma iniettò a Giorgia un’insulina rapida invece che una lenta. «Eravamo terrorizzati, avevamo paura che morisse, oppure che si sarebbe salvata ma che il dottore ci avrebbe portato via la bambina perché ci eravamo dimostrati incapaci di gestirla», ricorda il papà di Giorgia. Era notte chiamarono il loro diabetologo ma questi non risultava reperibile. A quel punto in un cassetto la mamma ripescò il numero di telefono datole da Antonio. Era l’una di notte ma compose il numero lo stesso. «La dottoressa ci tranquillizzò, ci disse cosa fare e fu lei a telefonarci l’indomani mattina per sapere come era andata». L’indomani la mamma passò in ambulatorio a ringraziare la dottoressa. Da lì si passò a una visita e subito dopo arrivò l’invito a partecipare a un soggiorno educativo, uno dei tanti organizzati dalla locale associazione tra le persone con diabete.

Come andò l’esperienza del soggiorno educativo?
Fu uno choc! Non riuscivamo a capacitarci che il diabete fosse compatibile con quella buona qualità della vita, allegria e libertà che vedevamo in tutti gli altri partecipanti. Mi ricordo che dopo poche ore io e mio marito eravamo giunti alla conclusione che i ragazzi che erano con noi non avessero il diabete o comunque non lo stesso diabete di Giorgia. Ricordo di aver visto Giorgia in pulmann con in mano anzi in bocca una fetta di torta. Mi stavo gettando per togliergliela di bocca quando Giorgia mi ha risposto: “Mamma, me l’ha data la dietista!”.

Invece il diabete era lo stesso…
Sì, era solo diverso il modo di gestirlo. Quel soggiorno fu indimenticabile, ci sembrava di sognare. Certo per conquistare quella libertà abbiano dovuto imparare molte cose: distinguere i principi nutrizionali, valutare i carboidrati, calcolare di conseguenza i boli di insulina…
E i boli di correzione…
Esatto. Le faccio un esempio. Il diabetologo che seguì, diciamo pure che salvò, Giorgia all’esordio, non ci aveva parlato dei boli di correzione. In caso di iperglicemia ci aveva detto di far fare esercizio fisico alla bambina. Siccome le iperglicemie capitavano anche di sera, lei poteva trovarci alle 11 di sera in giro per il paese a camminare o al parco giochi oppure, se faceva freddo, a fare i salti sul materasso a mezzanotte.

Con le nuove conoscenze sulla terapia andò tutto a posto?
La qualita della vita sì, la bambina potè tornare all’asilo e frequentare gli amici e i cuginetti, io riusciii a tornare alle mie occupazioni. Tutto avveniva con più leggerezza ma le glicemie rimanevano difficili da gestire.

A quel punto si pensò al microinfusore…
Sì, noi eravamo un po’ perplessi. Ci chiedevano come sarebbe riuscita Giorgia, una bambina sempre in movimento a tenere addosso una macchinetta. Ma alla fine accettammo anche perché Giorgia che aveva visto il microinfusore indosso a numerosi amici nei soggiorni educativi, era interessata. A tre anni e mezzo Giorgia ha avuto il suo microinfusore, un modello con un design simpatico, un bel colore e che permette di variare la basale anche di un decimo di unità all’ora, cosa importante con una bambina che pesa 24 chili, e le glicemie piano piano sono tornate a livelli accettabili.

E Giorgia?
È felicissima! A parte che è diventata la mascotte dell’attivissima Associazione, non sente nessuna discriminazione. Tempo fa l’abbiamo sentita mentre parlava con un amico che segue il diabete con le iniezioni di insulina e gli diceva: «Ma tu hai ancora il diabete? Io no! Io sono guarita. Ho il microinfusore!».

Da www.microinfusori.it