Diabaino News – Simona e la sfida alle onde… senza limiti!

di Pasquale Zumbo

 

Una bracciata dopo l’altra, a fendere le onde, per superare ogni corrente avversa, ogni difficoltà. Il nuoto diventa così perfetta metafora di vita e di rinascita per Simona D’Andrea, nuotatrice di 14 anni con diabete, che ha partecipato alla 55esima Traversata dello Stretto di Messina classificandosi terza nella categoria ‘ragazzi femmine’.

«Pratico nuoto da circa sette anni – dice Simona -. Ho sempre amato nuotare ed è da sempre il mio sport preferito. Perché ho deciso di partecipare alla Traversata? Per mandare un messaggio positivo a chi vive con il diabete ma non solo. Non dite mai “non ce la posso fare” – aggiunge – perché bisogna sempre fare il possibile per superare i propri limiti».

 

Limiti che la stessa adolescente, originaria di Catanzaro, ha superato dopo un primo momento di difficoltà. «Ho scoperto di avere il diabete all’età di 8 anni – racconta la giovane nuotatrice – e ho immediatamente pensato che questa patologia potesse diventare un freno, un ostacolo per le mie aspirazioni future. Ho pensato di essere diversa dagli altri – confessa -, ma col tempo ho capito che mi sbagliavo».

Sì, perché la vita non finisce con l’insorgenza del diabete ma semplicemente cambia. E il nuoto, per Simona, diventa pietra angolare della sua crescita. Sì, perché quando i genitori scoprono la presenza della patologia, dopo un attimo di smarrimento, decidono di farle proseguire la sua attività in piscina, soprattutto come supporto terapeutico. Poi, però, con il passare del tempo, le qualità innate di Simona rendono il suo passaggio all’agonismo una conseguenza naturale.

 

«In quel momento, Simona ha iniziato un duro percorso – afferma il padre -. Il rapporto con compagni e tecnici che si sono alternati negli anni è stato buono, ma probabilmente nessuno è in grado di percepire realmente il disagio di un’atleta con diabete. Non è una questione di mancanza di attenzione nei suoi confronti, anzi – prosegue il padre -, ma credo che solo chi vive certi problemi possa davvero comprenderli. Penso alle difficoltà legate al controllo metabolico nel corso di duri allenamenti o nelle gare».

Nello sport, come a scuola, la competizione è il sale dell’attività svolta. Anche per Simona è così.  «Sentiamo tanto affetto e condivisione da parte di tutti – spiega il signor D’Andrea – ma non nascondo che c’è un pizzico di soddisfazione in più quando gli altri ti guardano con aria di sfida. È lì che comprendi che, con o senza patologia, il lavoro svolto ripaga dei tanti sacrifici fatti. Per battere Simona bisogna essere più bravi di lei perché in questo caso “Mister diabete” non c’entra nulla».

E così, onda dopo onda, bracciata dopo bracciata, Simona prosegue nel proprio cammino di crescita come piccola donna e promessa dello sport, pensando alla prossima sfida da vincere. Sì, ma con dolcezza!

 

“L’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo”.

(Giordano Bruno)

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – Per una corretta tecnica d’iniezione d’insulina

L’educazione terapeutica rappresenta uno degli strumenti più efficaci nel sostegno alla gestione consapevole e responsabile della malattia per la persona con il diabete. Essa rappresenta un processo continuo, dinamico e incentrato sui bisogni della persona. Il continuo progredire delle tecnologie ha portato il paziente a profonde trasformazioni in termini di miglioramento della qualità di vita. Una corretta tecnica è essenziale per garantire una ottimale azione dell’insulina. Per una corretta tecnica è necessario effettuare la giusta scelta dell’ago, la rotazione dei siti di inoculo, la conservazione dell’insulina e la procedura di inserimento dell’ago nel sottocute.

L’insulina va iniettata nel tessuto sottocutaneo integro, evitando quindi di andare nel derma, nel tessuto muscolare o ancor più in zone lipoipertrofiche e lipoatrofiche. L’iniezione intramuscolare può comportare un assorbimento talmente rapido da causare #ipoglicemie# severe. L’azione dell’insulina non è influenzata dalla profondità con cui viene iniettata sempre che parliamo di sottocute. I siti più raccomandati sono: addome , cosce, glutei e braccia

L’iniezione con penna e l’uso dell’ago da 4 mm (lunghezza)e 32 G (diametro dell’ago) inserito in modo perpendicolare alla superficie, garantisce un assorbimento ottimale dell’insulina per tutti i pazienti obesi e non e non deve essere assolutamente utilizzata la tecnica del pizzicotto. Solo nei bambini al di sotto dei sei anni se in terapia multi iniettiva con l’utilizzo delle penne è possibile fare l’iniezione attraverso una piccola plica cutanea per evitare che inavvertitamente l’insulina venga fatta in intramuscolo e causare così fenomeni di variabilità glicemica. Per ciò che riguarda il diabete gestazionale o insulino – trattate in gravidanza l’ago da 4 mm va usato come prima scelta, visto l’assottigliarsi dello strato adiposo addominale.  Gli analoghi rapidi dell’insulina e gli analoghi basali (insulina lenta) possono essere iniettati in qualunque sito (addome, cosce, braccia) perché il loro assorbimento non è sito dipendente; purché tra l’ultima somministrazione della rapida la sera e l’iniezione della lenta passino almeno un paio di ore. Invece, l’insulina umana regolare va iniettata preferibilmente in corrispondenza della superficie addominale. La mancata rotazione dei siti può comportare la formazione di lipodistrofie; esiste inoltre una stretta correlazione tra riutilizzo dell’ago e formazione delle stesse poichè l’ago utilizzato più volte perde la sua specificità e provoca microtraumj ripetuti dovute alle alterazioni strutturali che l’ago subisce.

L’iniezione dell’insulina dove presente la lipodistrofia ne modifica la farmacocinetica e la farmacodinamica provocando un assorbimento imprevedibile e variabile della stessa peggiorando così il quadro glico- metabolico del paziente. Per cui è compito del team Diabetologo suggerire ed educare il paziente su corretta somministrazione e corretta rotazione dei siti. La corretta rotazione comporta non solo un completo utilizzo dei siti ma soprattutto un miglior compenso in termini di abbassamento dei valori della Emoglobina Glicosilata che comporta oltremodo di evitare l’insorgenza delle complicanze micro e macro vascolari legati alla malattia. Per questo è compito del team affrontare sempre con il paziente l’argomento #educazione strutturata al fine di valutare sempre la conoscenza del paziente. L’azione educativa non può prescindere da una valutazione di aderenza alla cura verificando spesso con dei” Recall” la conoscenza e l’aderenza a quanto consigliato dal team di diabetologia. Il team Diabetologico ha il compito di registrare e valutare l’evoluzione delle conoscenze del paziente organizzando ove necessario corsi di apprendimento continuativi nel tempo.

I.P. Luigia Milano

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – Alimentazione e Diabete

La Terapia Alimentare nella persona con diabete mellito deve assicurare degli obiettivi nutrizionali che lo aiutino a mantenere a target la glicemia, vediamo di cosa si tratta:

  1. Mantenere costante il valore della Glicemia, evitando picchi glicemici post-prandiali;
  2. assicurare un idoneo apporto di Carboidrati senza scendere sotto la dose giornaliera di 150 grammi, posizionando la quota giornaliera dei Glucidi attorno al 55% del fabbisogno calorico giornaliero, con il 15% di Proteine e il 30% di Lipidi, di cui almeno il 10% di Monoinsaturi: quote analoghe a quelle del soggetto sano.
  3. Tenere sotto controllo il peso corporeo possibilmente con un IBM (Indice di Massa Corporea) entro la soglia del 25.
  4. L’alimentazione Giornaliera dovrebbe essere suddivisa in 5/6 pasti di cui tre principali, colazione, pranzo e cena, con due/tre spuntini, mattina , pomeriggio e sera, così facend evitiamo un sovracarico di Carboidrati in specie pranzo e cena  con una riduzione di insulina
  5. Gli alimenti ricchi di fibra alimentare idrosolubile tardono l’assorbimento dei CHO evitando alterazioni Glicemiche elevate.
  6. La terapia alimentare di una persona con il diabete non si discosta di molto da una terapia per persone senza diabete. E’ necessario che la quota giornaliera dei CHO sia costante per non incorrere in una forma di autofagocitosi (mangiare se Stesso) praticamente cosa succede, l’assenza dei Carboidrati stimola l’autocannibalismo in quanto il corpo umano comincia a smontare le proprie Proteine muscolari al fine di ottenere il Glucosio. In assenza prolungata di Carboidrati, i sistemi metabolici tendono ad utilizzare gli Aminoacidi muscolari, ramificati e glucogenetici, al fine di ricavare l’Alanina: sostanza, questa, che, uscita dai muscoli, arriva al fegato dove viene trasformata in Glucosio. Quindi se si segue una alimentazione a basso contenuto di Carboidrati, nel tempo, si rischia di perdere  massa magra muscolare e di ottenere una  perdita di  peso corporeo senza intaccare invece la massa grassa.

In altre parole, una riduzione di peso cui di fatto non corrisponde un reale dimagrimento. Dimagrire in modo sano, infatti, equivale a perdere grasso senza intaccare né massa muscolare né il patrimonio idrico corporeo.

Una dose giornaliera insufficiente di Carboidrati porta alla formazione della Chetosi con la comparsa nel sangue di Acetone, Acido Acetacetico e Acido Betaidrossibutirrrico. Questi corpi chetonici hanno anche l’effetto di calmare la sensazione di fame e procurano anche una leggera sensazione di euforia. Condizioni, queste, che può far continuare ad insistere con la dieta a basso contenuto di carboidrati per lungo tempo, con il rischio di perdere così molta massa magra muscolare conservando invece la massa grassa totale.

Il cervello ha bisogno di almeno 200 gr di Glucosio al giorno, in presenza di corpi chetonici si adatta alla mancanza di Glucosio attingendo energia proprio da questi.

Un corretto uso dell’Indice Glicemico  può orientare nella scelta degli alimenti in grado di apportare la dose giornaliera raccomandata di Carboidrati per evitare sfavorevoli condizioni metaboliche alla salute della persona con  diabete andiamo a conoscerlo.

L’indice glicemico è un sistema di misurazione della qualità dei carboidrati, basato su un punteggio da 0 a 100, in grado di differenziare i CHO che vengono digeriti,  metabolizzati velocemente, detti ad alto indice glicemico, da i CHO che lo sono lentamente, detti a basso IG. .

Quando  consumiamo un alimento a base di carboidrati, si verifica un innalzamento, seguito da una diminuzione, della concentrazione di zucchero nel sangue (glucosio). Questo fenomeno è chiamato: risposta glicemica, che non è altro che la capacità degli alimenti di incrementare la glicemia post prandiale rispetto ad un aliemento di riferimento ( glucosio o pane bianco con IG = a 100)

Il valore che deriva da questa misurazione, espresso in termini percentuali, è detto, appunto, indice glicemico di un determinato alimento.

 

Una porzione da 50 grammi di glucosio puro è il valore di riferimento comunemente utilizzato. Gli alimenti che si scompongono velocemente durante la digestione, come ad esempio il riso, hanno gli indici glicemici più alti. Si tratta di alimenti che determinano un aumento maggiore e più veloce dei livelli di zucchero nel sangue, rispetto a quelli con indici glicemici più bassi. Gli alimenti a basso indice glicemico, come ad esempio i fagioli, si scompongono più lentamente, rilasciando in modo graduale il glucosio nel sangue.

La risposta glicemica di un alimento è solo in parte prevedibile, essi dipendono, dal tipo di zucchero contenuto negli alimenti (saccarosio  – lattosio, fruttosio, glucosio ecc.) e dalla natura e forma dell’amido (alcuni sono più digeribili di altri).

Anche la cottura, la macinazione e i metodi di lavorazione usati, oltre che la quantità degli altri nutrienti presenti nell’alimento, come ad esempio i grassi e le proteine, possono influire sulla risposta glicemica. In aggiunta, il diverso metabolismo di ogni individuo e il momento della giornata in cui viene assunto il carboidrato possono influire sulla risposta glicemica.

 

Gabriella Violi

Dietista

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – Metabolismo lento, quale stile di vita, quale dieta per attivarlo

Mantenere attivo il funzionamento del proprio metabolismo corporeo è fondamentale non solo per chi vuole perdere peso, ma anche per chi vuole  mantenersi in forma e invecchiare in salute.

Innanzitutto andiamo a precisare cosa è il metabolismo è quel processo di assorbimento ed espulsione che seleziona ciò che è utile come nutrimento e ciò che va invece espulso perché non necessario all’organismo, si distingue in: basale che serve per dare la giusta energia alle nostre necessità fisiologiche, es. il Cervello che ragiona , il cuore che batte il polmone che respira, e  intermedio che trasforma le sostanze in eccesso in sostanze di riserva (Grassi)

Spesso a causa di abitudini sbagliate il metabolismo non funziona correttamente  (metabolismo lento) rallentando le funzioni necessarie al corpo per bruciare e produrre energia, provocando aumento di peso, difficolta’ a perdere peso, si viene colpiti da un senso di affaticamento e di astenia, si soffre di pressione bassa e di sudorazione eccessiva,  si è molto sensibili al freddo l’intestino diventa pigro con conseguente gonfiore, stitichezza e dolori addominali, occhio alla Secchezza della Pelle e Capelli.

Scopriamo quali abitudini sbagliate causano il Metabolismo Lento per evitarle

Uno Stile di vita sedentario, bere poca acqua, una dieta squilibrata, stare a digiuno, problemi alla tiroide (ipotiroidismo), particolari momenti di stress, mancanza di sonno, non fare colazione,  consumare alcolici,                                                                                                           

 

Che fare dunque se si ha il metabolismo lento?

  • Alzarsi presto e fare esercizio fisico di primo mattino, allenarsi con una frequenza regolare di almeno 3 volte alla settimana, semplici esercizi possono garantire ottimi risultati. Il corpo subirà uno “shock” e costringerà il metabolismo ad attivarsi.
  • Bere acqua

L’acqua è essenziale al nostro organismo per bruciare calorie, bisognerebbe bere otto bicchieri di acqua al giorno, Bere acqua e limone appena svegli: aiuta a stimolare sia il metabolismo e le attività digestive.

 

  • Fare colazione – La colazione rappresenta quel momento in cui svegliamo il nostro metabolismo, dandogli imput per mettersi in moto. Bere solo un caffè al mattino o non fare la colazione,  è un abitudine dannosa. L’ideale sarebbe consumare questo pasto entro 15 minuti dal momento del risveglio.

 

  • Consumare alimenti che accelerano il metabolismo – Si consigliano noci, cioccolato amaro, cannella, aceto, cereali, zenzero, the verde, alga fucus, il caffè verde, il ginseng.

 

  • Dormire 8 ore – Dormire poco influisce negativamente sul metabolismo poiché fa aumentare la fame, facendo andare incontro a problemi gravi come obesità e diabete

 

  • Dire no alla vita sedentaria . Per stimolare il metabolismo, si dovrebbe stare in piedi almeno per due ore, facendo anche delle lunghe passeggiate.,

 

  • Seguire una dieta molto precisa, che include la riduzione di carboidrati e una maggiore assunzione di proteine e grassi. In questo modo, si stimola il metabolismo ad utilizzare come fonte energetica i grassi di riserva. E’ importante poi fare una colazione abbondante, così da non sentirsi privi di energia nel corso della giornata. E’ consigliabile dividere la giornata in 5 pasti di cui 3 principali Colazione pranzo e cena e due spuntini. In questo modo si placa la fame e non si arriva a pranzo o a cena con il desiderio di mangiare qualsiasi cosa ci si trova davanti.

 

Gabriella Violi

Dietista

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – Diabete, ecco come riconoscere i sintomi

Hai casi di Diabete in famiglia? Occhio ai sintomi, per evitare che venga anche a te. Ecco come imparare a riconoscerli

 

Attualmente quasi 3,4 milioni di italiani hanno una diagnosi di diabete ( un altro milione è malato ma non sa di esserlo), e si stima che questi numeri siano destinati a salire per effetto dell’invecchiamento della popolazione, e un mancato fisiologico adattamento alla senescenza (es. gli anziani percepiscono di meno la sete!).

 

E’ una malattia da non sottovalutare perché una volta instauratosi è cronica, invalidante e correlata alle altre patologie.

 

La forma di diabete più comune, è il diabete di tipo 2 e rappresenta il 90% dei casi totali.

 

Questa patologia colpisce prevalentemente gli adulti dopo i 40 anni, ma la notizia peggiore e che anche gli  – adolescenti-obesi- ne possono essere affetti.

Il pancreas produce insulina, solo che la quantità di produzione fisiologica, non è bastevole per la  quantità di carboidrati introdotti ai pasti.

Gioca un ruolo importante la quasi totale mancanza di attività motoria.

Un altro motivo è dato dalla ridotta sensibilità dell’insulina che non riesce a portare gli zuccheri al sistema nervoso (che necessita di pronta energia!), le proteine ai  muscoli, e i grassi al fegato.

In oltre si può istaurare una resistenza quasi totale dell’insulina che rimane in circolo inattiva.

E’ necessario conoscere i fattori di rischio che facilitano l’instaurarsi del diabete di tipo 2:

  1. La familiarità (genitori, fratelli,figli );
  2. l’obesità (BMI >30) o sovrappeso (BMI 25 – 30)
  3. la sedentarietà;
  4. l´ipertensione;
  5. le dislipidemie, avere i trigliceridi molto alti;
  6. Il fumo
  7. le donne con Sindrome dell’ovaio policistico o con una storia di diabete in gravidanza (diabete gestazionale);

 

I sintomi che non ti aspetti

il segno più comune è Iperglicemia, cioè zucchero nel sangue che nella normalità dovrebbe essere inferiore a 100 mg/dl

I sintomi:

  • secchezza bocca
  • sete intensa  (polisipsia);
  • frequente bisogno di urinare (poliuria);
  • disturbi della vista;
  • Sensazione di malessere, dimagrimento inspiegabile;
  • tendenza a stancarsi facilmente;
  • alterazione dell’umore senza un valido motivo.

Tuttavia, anche in assenza di questi sintomi il diabete di tipo 2 può insorgere.

E’ importante tenere sotto controllo costante i propri livelli di glicemia, sottoponendosi a un esame della glicemia almeno una volta l’anno.

Il miglior modo di prevenire il diabete resta intervenire sugli stili di vita:

dieta varia ed equilibrata, attività motoria,

Attività motoria di tipo aerobico (camminata veloce, bicicletta, corsa, nuoto, …)

 

PREVENZIONE IN TEMPO UTILE CHE NON PORTERA’ COSTI ECCESSIVI ALLA SANITA’ E SINTOMI DEPRESSIVI DEL SOGGETTO AFFETTO.

Dott. Maria Antonella Ferraro                                                                      Spec. Diabetologa e Malattie del Ricambio

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – Raccomandazioni su Diabete tipo 2

Il diabete di tipo 2 è una patologia caratterizzata dalla presenza di livelli elevati di glucosio nel sangue (iperglicemia). La sua eziologia e multifattoriale, ovvero e determinata da più cause che interagiscono tra loro, come la predisposizione genetica e l’azione di fattori ambientali. Tra i fattori ambientali che possono favorire l’insorgenza di diabete ricordiamo Il sovrappeso L’obesità (soprattutto di tipo addominale) e un alimentazione sbilanciata, ricca di grassi saturi e zuccheri semplici. L’iperglicemia può essere asintomatica o manifestarsi con sintomi aspecifici ( come sete persistente o aumento del senso di fame associato a calo ponderale) La diagnosi viene effettuata tramite l’esecuzione di esami ematici. È molto importante diagnosticare e trattare il diabete nel migliore dei modi , perché col tempo la malattia può provocare complicanze anche molto gravi, soprattutto a livello della retina, del rene e del cuore. Spesso, il diabete si associa ad altre malattie metaboliche come: L’ipertensione arteriosa e le dislipidemie; in questi casi si parla di Sindrome Metabolica. Il diabete di tipo 2 deve essere curato dal Diabetologo con una farmaco terapia appropriata. È molto importante effettuare gli esami di controllo necessari per prevenire le complicanze a lungo termine. La dietoterapia svolge un ruolo fondamentale nel trattamento del diabete dove l’infermiere ove non è prevista la figura della nutrizionista svolgono un ruolo fondamentale nel trattamento del diabete e si pone come obiettivi: 1)raggiungimento e/o mantenimento di un peso corporeo desiderabile. 2)prevenzione dell’opera o ipoglicemia 0. riduzione del rischio di sviluppare l’aterosclerodi e le complicanze micro vadcolari( retinopatia, insufficienza renale) 0. 4)i pazienti con diabete di tipo 2 in terapia con insulina possono necessitare di dietoterapie individualizzate che generalmente vengono erogate dai Servizi di Dietetica e Nutrizione Clinica ( ove presenti). Raccomandazioni Dietetiche Generali : Ridurre il consumo di zuccheri semplici Ridurre il consumo di grassi saturi Incrementare il consumo di fibra NON saltare mai la colazione Consumare pasti completi( carboidrati +proteine+verdura) a pranzo e cena Evitare periodi di digiuno prolungato Suddividere equamente, nei tre pasti principali, la quota totale di carboidrati complessi (pane,pasta,riso,fette biscottate) Alimenti non consentiti Zucchero bianco e zucchero di canna o fruttosio per dolcificare le bevande, sostituendolo eventualmente con del dolcificante non sintetico tipo stevia Marmellata e miele Dolci quali torte, pasticcini, biscotti frollìni, gelatine, budini, caramelle. Frutta sciroppata, candita, mostarda di frutta Bevande zuccherine come cola, acqua tinca, succhi di frutta,perché contengono naturalmente zucchero anche se riportano la dicitura# senza zuccheri aggiunti # Salse contenenti zucchero tipo ketchup Condimenti grassi come burro, lardo, margarina Insaccati Superalcolici Alimenti Consentiti con Moderazione La frutta perché contiene naturalmente zucchero( fruttosio) E importante rispettare le quantità indicate nella dieta e limitare al consumo occasionale i frutti più zuccherini ( uva,banane, fichi, cachi, mandarini. Prodotti da forno dietetico per diabetici, ricordando che seppur senza zucchero non sono ipocalorici, ma hanno un valore calorico pressoché uguale agli analoghi tradizionali Vino rosso( circa mezzo bicchiere a pasto) Sale. E buona regola ridurre quelli aggiunto alle pietanze durante o dopo la cottura e limitare il consumo di alimenti che naturalmente ne contengono elevate quantità( alimenti in scatola o salamoia dadi ed estratti di carne salse tipo soia) Le castagne non sono un frutto e le patate e il mais non sono una verdura. Questi alimenti sono importanti fonti di amido e sono veri d propri sostituti di pane pasta e riso. Possono essere perciò consumati occasionalmente in sostituzione al primo piatto. I legumi( ceci fagioli piselli fave ecc) vanno consumati tranquillamente soli o in aggiunta a pasta, sono di fatti un’importante fonte di proteine vegetali( possono essere considerati dei veri e propri secondi piatti ) Si consiglia di consumarli in associazione ai cereali( 1o2 volte alla settimana)componendo così dei piatti unici. Alimenti Consentiti e consigliati Verdura cruda e cotta da consumare in porzioni abbondanti Consumare pesce( fresco o surgelati) non meno di due- tre volte a settimana Carboidrati complessi (pane pasta riso fette biscottate) specie e soprattutto se integrali Olio di oliva aggiunto a crudo e con moderazione. Formaggi da consumare un paio di volte a settimana in alternativa al secondo piatto. È possibile assumere un paio di cucchiaini(15) di Grana Padano D..O.P. grattugiato al giorno Affettati più magri ( prosciutto cotto, crudo, bresaola, speck, arrosto di tacchino o pollo) privandoli del grasso visibile Carne sia rossa che bianca ( provenienti da tagli magri e che sia privata del grasso visibile) Pollame senza pelle Latte e yogourt parzialmente scremato Acqua, almeno 1,5 litri al giorno( preferibilmente acqua oligominerale) Regole Comportamentali In caso di sovrappeso o obesità si raccomanda la riduzione del peso e del #giro vita# ossia la circonferenza addominale, indicatore della qualità divella quantità di grasso depositata a livello addominale , indicatore della quantità di grasso depositata a livello viscerale. Valori di circonferenza vita superiori a 94 cm nell’uomo e 80 comunque nella donna si associano ad un rischio cardiovascolare # moderato# valori superiori a 102 comunque nell’uomo e ad 88 nella donna sono associati ad un rischio #elevato#. Tornare ad un peso normale permette di ridurre non solo i livelli di glicemia nel sangue, ma anche di ridurre gli altri fattori di rischio cardiovascolare ( come ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia. Rendere lo stile di vita più attivo ( abbandona la sedentarietà) Vai a lavoro s piedi, in bicicletta o parcheggia lontano, se puoi evita l’uso dell’ascensore e fai le scale a piedi. Praticare attività fisica almeno tre volte a settimana sia di tipo aerobico, sia di rinforzo muscolare( anaerobico) L’attività fisica costante ha benefici effetti sui soggetti affetti da diabete, oltre che che essere fondamentale per eliminare il grasso in eccesso e dimagrire correttamente. Leggere le etichette dei prodotti, soprattutto per accertarsi del loro contenuto in zuccheri. Prestare attenzione all’ utilizzo di prodotti #senza zucchero# in quanto sono spesso ricchi di grassi e di conseguenza ipercalorici.

IP Luigia Milano

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – Siamo tutti migranti

“ …E Gesù promise vita migliore all’uomo. E io che sono dalla sua parte sono d’accordo con Lui ma mi sembra che si sia dimenticato di insegnarci un piccolo sistema per vivere quaggiù”. Le parole virgolettate sono una sorta di sintesi della canzone  Procissao (Processione) di Gilberto Gil uno dei massimi autori della musica brasiliana della vecchia guardia. Perché questi versi? È da più di un anno che ci parlano degli immigrati come se fossero loro tutti i mali della nostra povera Italia. Siamo nel momento in cui una mela bacata baca tutto il cesto. Questo vittimismo ha influenzato tutti e con social network, che hanno acuito la cosa, siamo diventati tutti  esseri dogmatici, dove ognuno di noi sta da parte della ragione. Abbiamo dimenticato tante cose e tralasciando “il porgi l’altra guancia” e  “ama il prossimo tuo più di te stesso”, per noi al sud  è ancora peggio, abbiamo dimenticato le nostre radici.

“Abbia pazienza, Chevalley, adesso mi spiegherò; noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emiri berberi, ai viceré spagnoli… Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.” Questo brano tratto dal capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo” ci fa capire tante cose. Ad esempio sia in Sicilia che in Calabria alcune nostre comunità  hanno origini albanesi e tengono in vita la loro cultura. In alcune parti della Calabria jonica si salutano ancora con i grecismi Kalimera e Kalispera! Dando per buona la tesi del principe Fabrizio, sicuramente ci saranno state tante relazioni fra i nostri avi di eterogenee razze e civiltà,  se no come spiegare che, rispetto ad altre popolazioni del nord Europa, le nostre sono miste, bianchi scuri, bassi o alti, neri o biondi. Non mi ci perdiamo nella cromonimia di dannunziana memoria,  ma di certo non siamo ariani! E poi i pisellini di Mendel avrebbero dovuto insegnarci qualcosa, senza scomodare Watson e Crick!  In Europa siamo arrivati solo prima degli altri!

A proposito di colore, e a supportare la tesi su descritta, Sandro papà di chi scrive, raccontava divertito un episodio accadutogli agli inizi degli anni ’50. Lui di carnagione olivastra passeggiava per il porto di Messina. Ad un tratto scende da una nave un uomo anch’esso di carnagione olivastra che in arabo gli chiede delle informazioni . Sandro non conosceva l’arabo ed è certo che fu scambiato per arabo o quanto meno per un nord africano! La politica sul fattore straniero- immigrato, ci ha distratto da problemi più gravi. Oggi la nenia “ninna nanna ninna oh questo bimbo a chi lo do… gli e lo do all’uomo nero…”  L’uomo nero è tornato a seminare terrore anche ai lattanti! Ci hanno portato l’uno contro l’altro. Forse ne abbiamo parlato in un altro articolo ma è il caso di ricordarlo: Thomas Hobbes, filosofo inglese nato nel 1588. Viaggia molto e conosce Galilei e Cartesio. Attraverso le sue opere si dedica molto alla politica. La filosofia hobbesiana, prendendo spunto dall’indagine meccanicistica e matematico-geometrica di Renato Cartesio, Galileo Galilei e Francesco Bacone, vuole fondare una filosofia su basi rigorose e razionali come quelle delle discipline scientifiche, attraverso il ricorso ad una “convenzione” che stabilisca il significato dei termini fondamentali utilizzati nel corso delle riflessione.

Questa indagine razionale prende avvio dalla concezione nominalistica che Hobbes ha del linguaggio, per cui i nomi che l’uomo dà alle cose sono arbitrari ma necessari a coordinare tra loro le conoscenze desunte dalle sensazioni, organizzandole in classi più generali, utili per garantire la comunicazione tra gli esseri umani. Il linguaggio risulta così strettamente connesso per Hobbes al ragionamento e alla conoscenza.

La filosofia politica di Thomas Hobbes è contenuta principalmente nella sua opera più celebre, Il Leviatano. Sinteticamente, l’uomo prima di vivere in società , era in uno stato di natura, vivevano isolati godevano di ogni diritto e davano sfogo a tutto il loro egoismo. È lo stato de “homo homini lupus”, ossia l’uomo che è lupo dell’altro uomo. L’uomo quindi si trova in guerra continua. Si arriva così al secondo stato, quello della “legge di natura”, dettato dal buon senso attraverso tre punti, bisogna fare la pace, rinunziare ai propri diritti, rispetto dei patti. Il terzo e ultimo stato, necessario secondo Hobbes a garantire la pace è quello “politico” a cui si previene con un contratto tra tutti i cittadini. Analizzati i tre stati, la nostra umanità a che stato è o è tornata? Al primo, sembra sia la risposta, “homo, homini, lupus”!

Ci hanno messo tutti contro tutti, i vari stati, compreso il nostro, a proposito del problema dei migranti, ci ha dato, silenziosamente il compito di risolverlo,  quando invece gli stati interessati, se volessero e uniti, in quindici minuti risolverebbero il problema! Un drammatico esempio di quel tutto contro tutti: il bimbo nero in una scuola italiana, messo al muro e vilipendiato dal maestro. Anche il diabete entra i questa guerra, come quel  bambino rifiutato da una scuola Italiana perché diabetico! Anche noi diabetici siamo stati migranti, da uno stato di salute buono siamo migrati verso uno stato diabetico e una volta arrivati abbiamo avuto contro, nella società dei sani, gente che urla paradossalmente “prima i sani, la sanità ai sani!” E qui  per esperienza diretta anche la matematica diventa una opinione. Aghi e strisce per un mese diventano 90 unità, calcolando che alcuni mesi sono di 31 giorni ed eventuali errori si arriva a 100 unità. Troppe dice il dirigente di reparto, 60 al massimo! Perché? Perché torniamo ai migranti, il non intervento ad esempio in Libia, significa avere dei vantaggi sul petrolio! Da questa scuola politica, la riduzione dei sussidi, significa, come detto in altri articoli, bonus produzione per i dirigenti! Risultato uomo contro uomo. Ma noi diabetici superiamo tutto questo perché abbiamo capito sulla nostra pelle che al di là di ogni credo religioso, aldilà del colore della nostra pelle noi sappiamo che il nostro sangue è rosso, con un po’ di zuccheri in più, ma sappiamo di essere fratelli e uguali!

prof. Carmelo Ferraro

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – Le abitudini alimentari nel corso dei tempi viste da ragazzi di una terza elementare

UNA PREISTORIA DI FAME

Era l’età della pietra, l’uomo andava a caccia, pesca, consumando a crudo il suo cibo. Passò il tempo è l’uomo divento pastore e poi agricoltore scopri l’arte di accendere il fuoco quello di coltivare i cereali; comincio allora ad arrostire le carni e ad abbrustolire i semi e le bacche. Con la scoperta del fuoco nacque il cibo cucinato. Circa 10000 anni fa gli uomini primitivi vivevano in tribù , le donne andavano a raccogliere i frutti, le radici; invece gli uomini andavano a caccia di animali. Nonostante la difficoltà di ricostruire l’alimentazione dell’epoca, gli studi archeologici ed etnografici suggeriscono una grande ricchezza di alimenti vegetali( cereali selvatici, radici, frutti) di risorse acquatiche(pesci molluschi) di elementi diversi( miele, uova) oltre a prodotti della cacciagione. Dopo la scoperta del fuoco gli alimenti potevano essere mangiati cotti anche in assenza di vasellame: sulla brace o nella cenere, arrostiti su pietre riscaldate.

 

L’ ANTICO EGITTO

Dopo la storia degli uomini della preistoria ecco ora l’antico Egitto. Gli alimenti infatti nell’antico Egitto L’alimentazione egiziana si basava essenzialmente sui cereali( oltre che sulle carni,latticini, verdura e frutta). Tra i cereali, il grano: la popolazione lavorava per riempire i suoi granai e il Faraone provvedeva a nutrire la popolazione. Grazie al grano, agli antichi abitanti dell’egitto spetta il merito del l’invenzione del pane.

 

Ancora al tempo dell’antico egitto oltre che ai vivi, si dava importanza a dare da mangiare pure ai morti. Si pensava, infatti, che ogni morto ritornasse a vivere ed era quindi giusto nutrirlo. Sulla tavola dei morti era presente il cibo in grande abbondanza, un alimento che non mancava mai per tutti,ricchi e poveri era IL PANE; mentre per quanto riguarda il bere la bevanda base della tavola egizia era la BIRRA. Una importante scoperta archeologica ha messo in evidenza che in una tomba del 2700 a..C. Scoperta nel 1939 un vero e proprio banchetto, servito in piatti di terracotta. Il cibo si era conservato miracolosamente per cinquemila anni; vi trovarono infatti pane, vino, pesce, quaglie,formaggio, fichi, e dolci.

 

 

CUCINA MESOPOTAMICA

 

Tempo fa in una terra chiamata Mesopotamia vivevano dei popoli molto antichi. Essi erano i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi. Anche questi popoli mangiavano……e come!!!!! Ecco cosa mangiavano: cereali, verdura, frutta e poi cacciagione, pesce. Questi popoli mangiavano pure latte miele condivano il cibo con olio di oliva, burro,strutto e forse, adoperavano anche il sale per dare più sapore ai cibi. E non basta! Furono i primi a cibarsi di proteine provenienti da un insetto molto in voga in quel periodo …… le cavallette. La bevanda utilizzata molto più di altre sembra essere anche per queste popolazioni #la birra# , che veniva a quei tempi persino addolcita con il miele, essendo ricavata da assai più di un cereale probabilmente il miele le conferiva un sapore meno amaro e quindi più appetibile. Anche in Mesopotamia così il cibo era quanto mai vario e qui vi fu fatto uno dei più grandi banchetti che la storia ricordi. (Foto) E se anche al popolo, in cucina, mancava sempre qualcosa in Mesopotamia si andava a tavola due volte al giorno: la mattina e la sera. I commensali mangiavano su vassoi in camera, sui divani in ingresso e in giardino e l’unico utensile usato per tagliare prendere le porzioni era il # coltello# , portare a tavola si diceva alla lettera # presentare al coltello

 

 

CUCINA GRECIA ANTICA

 

Erano i tempi degli Eroi…….

Ecco l’Iliade, libro che ha come protagonisti gli antichi greci, a quei tempi, un popolo di guerrieri e di mitici eroi. Ai tempi dell’Iliade si mangiava ancora seduti. Durante i banchetti, il re era seduto su un alto trono e i convitati sedevano per terra tutt’intorno. Di giorno per pranzo mangiavano la carne invece a colazione mangiavano enormi pagnotte inzuppate nel vino rosso mentre non si hanno notizie su cosa è se mangiassero per cena. Arrivarono i tempi dell’Odissea e gli eroi non mangiavano più seduti ma distesi e adottarono una pratica igienica molto importante è strana per l’epoca: iniziarono a lavarsi le mani prima dei pasti. Non si mangiava più solo carne e la pagnotta quotidiana ma iniziarono a preparare e mangiare #ghiottonerie# e manicaretti inoltre essendo l’antica Ellade lambita dal mare introdussero nella dieta il pesce………. si iniziò a mangiare più per la gola che per la pancia e soprattutto desinavano sdraiati ascoltando musica e assistendo a spettacoli di danzatori. Tornando al periodo dell’Iliade si mangiava come detto seduti in un grande spazio con la parte centrale a cielo aperto e un grande focolare basso e tondo il nome di questo spazio era denominato MEGARON Ai tempi dell’Odissea le abitudini cambiarono e cambiarono in meglio. Dopo il VI secolo nasce la cena classica, in ambienti magnificamente arredati. Ai commensali vengono offerte fialette di profumo e corone di fiori

 

CUCINA GRECIA CLASSICA

Il tempo è passato. Dal tempo dell’Iliade e dell’odissea siamo giunti a quelli della Grecia classica dove il pesce la fa da padrona…… tutti mangiavano più o meno le stesse cose, non le mangiavano però allo stesso modo. Gli Ateniesi mangiavano solo tanti piccoli piattini con assaggi invisibili: i Metze’ dove ovviamente primeggiava il pesce. Quella Ateniese era una tavola che offriva una grande varietà di pietanze che però non soddisfavano a pieno la fame dei commensali. Per questo motivo gli Ateniesi venivano derisi. I Tebani, invece, venivano criticati perché si sfamavano quasi esclusivamente di Thrion, involtini di foglie di Fico. Mangiavano anche altra roba ma di poco prezzo: verdure cotte d crude, pescetti, polenta di legumi, salsicce, costiglie di bue………. E poi c’erano gli Spartani……..: che squallore……..a tavola!!! Giacigli di legno duro, un immangiabile brodo nero, e foglie di alloro da masticare a fine pasto A quei tempi si beveva vino rigorosamente annacquato ed esisteva, proprio per le piccole porzioni con le quali i commensali si nutrivano, un Maitre della mescita che decideva le porzioni: il #simposio arca# A Sparta cenare comodamente fu sempre un problema, infatti, anche quando, in epoche successive, la mensa comune fu abolita e furono introdotti i letti triclinari, gli spartani, per rifarsi di un passato così # spartano#, li coprivano di cuscini e drappi talmente ricamati che gli ospiti non osavano appoggiarsi Vi era però un usanza legata al pane le #Achenas# grandissime pagnotte a forma di capra, impastate con pezzi di lardo, che venivano offerte alla dea Demetra durante una festa detta della # megalartia#

 

A TAVOLA ITALICA

 

Cucina Etrusca

Ed eccoci ai tempi dei misteriosi Etruschi delle loro abitudini a tavola e della loro vita sociale sappiamo quel che ci hanno detto i Greci e i Romani, gli Etruschi erano molli raffinati ed obesi; mangiavano due volte al giorno e ogni volta la loro tavola era sontuosamente imbandita. Focacce minestre di cereali e verdure erano sempre presenti sulle tavole ricche e su quelle povere, sulle tavole aristocratiche il posto d’onore era occupato dalla carne A differenza da ciò che succedeva al tempo dei Greci, le donne etrusche sedevano a tavola accanto all’ospite e non vicino al marito Gli Etruschi furono degli ottimi cacciatori; una curiosa abitudine era quella di suonare il flauto per stanare cervi e cinghiali e questo ce lo racconta un romano di nome Eliana che descrive un guardiano che accompagna una moltitudine di animali a suon di musica.

 

CUCINA ROMANA

Ed eccoci all’epoca dei romani

Siamo ai tempi dell’antica Roma; la base dell’alimentazione romana fu la #polenta# La puls( polenta) romana, era preparata con farina di farro( un cereale) e cotta in acqua e sale. La puls, così preparata, non era però molto saporita e i romani la miglioravano con l’aggiunta di altri ingredienti, cipolle lenticchie, cavolo e fave. Dopo i cereali e i legumi ad occupare il posto d’onore nel l’alimentazione romana furono le verdure comprese le specie selvatiche. Col trascorrere del tempo anche la tavola romana però di arricchisce di alimenti; arrivano nella dieta l’Ulivo e l’uva, finalmente nel II secolo a. C. arrivò anche il pesce. Il trascorrere del tempo e l’incontro con altre civiltà arricchirono la tavola romana vennero introdotte le spezie( cipolle e aglio) e la carne specie il pollame comprese le uova, un uomo dabbene è un buon coltivatore diceva Catone. E infatti, a Roma anche i più alti personaggi della vita politica coltivavano il proprio orto in cui crescevano oltre a rape, carote,ravanelli e olive anche carciofi e cetrioli. Anche gli antichi Romani avevano le loro # paninoteche# si chiamavano # tabernae# e vi si trovava di tutto : frutta secca, miele, olive e altre leccornie. Per le strade c’erano i venditori ambulanti che offrivano fichi, pane e piccoli pesci in salamoia.

ALIMENTAZIONE MEDITERRANEA

Ed eccoci ai nostri giorni:

L’alimentazione mediterranea pane, olio, pasta, pomodoro e altri alimenti fanno parte di un modo di mangiare particolare che si chiama alimentazione mediterranea; prende questo nome perché è basata sui prodotti che nascono nei paesi bagnati dal mar Mediterraneo. L’agricoltura dei paesi che si affacciano sul mare, mette a disposizione di queste popolazioni così diverse tra loro prodotti comuni:legumi ortaggi pane uva e altri frutti del mediterraneo come gli agrumi si comincia a condire gli alimenti con il succo di limoni, olive l’oro giallo#per eccellenza: #l’olio di oliva# La leggenda dice: Un giorno, nell’Olimpo Minerva e Nettuno litigarono per il possesso di una terra chiamata Attica. Giove decise di dare ragione a chi tra i due avesse portato il dono più utile all’umanità. Nettuno porto un cavallo; Minerva un ramoscello d’ olivo. Vinse Minerva perché il ramoscello d’olivo sarebbe diventato un albero forte, capace di vivere a lungo e di produrre frutti gustosi e saporiti, da cui trarre un liquido per condire il cibo degli uomini, lenire le loro ferite, far luce alla loro notte.

I.P. Luigia Milano

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – La pizza e il pane della salute al Goji italiano

La pizza è una pietanza tradizionale ma anche un cibo molto versatile. E’ una tela da dipingere perché si presta alla personalizzazione dei gusti da parte del consumatore e degli ingredienti da parte del pizzaiolo.

La Pizza della Salute è una nuova pagina della cultura del cibo italiano, essendo la pizza riconosciuta come patrimonio dell’umanità e se nutraceutica definibile come evoluzione della tradizione partenopea e italiana. Lo stesso dicasi per il pane o meglio per gli infiniti tipi di pane italiani.

L’ottenimento e il consumo della “Pizza della salute al Goji italiano” è consigliabile per tutti in quanto altamente antiossidante ed è anche utilizzabile per la dieta destinata a chi convive con il diabete. Ottenere una Pizza della salute dipende dalla scelta delle farine (meglio se integrali), dai tempi e modalità di lievitazione (non superiore a 24/48 ore), dalla cottura (meglio a gas o elettrica), dal bilanciamento degli ingredienti e dall’inserimento di antiossidanti naturali.

La farine raffinate (“0” e “00”) non contengono tutti  gli elementi nutrizionali come la crusca. Ma spesso le “farine speciali” sia “zero” che “doppio zero” vengono integrate con germe di grano e crusca micronizzati, ripristinando così il valore nutrizionale e soprattutto proteico (albumine e globuline) della farina non integrale, la quale però è più lavorabile dall’artigiano del pane e della pizza la quale lievita più facilmente. L’utilizzo di germe di grano e di crusca micronizzati, aumentano grandemente l’apporto di fibra e le caratteristiche funzionali  e nutrizionali in termini di effetto antiossidante e anti infiammatorio del primo e di nutrizione del microbiota intestinale da parte della crusca. L’apporto di fibre, importante per il diabetico al fine di bloccare l’aumento della glicemia, può essere in parte compensata dagli ingredienti vegetali, laddove non si utilizzano farine integrali o farine con aggiunta di crusca e germe di grano micronizzato (ad esempio quelle prodotte in Campania da Molini Ambrosio)

Anche il pH è importante per l’impasto della pizza, la cui lievitazione non deve andare oltre le 24/48 ore. La misurazione del pH ci indica infatti a che punto è la lievitazione e quando bisogna fermarla. Oltre le 72 ore l’azione dei lieviti porta alla riduzione del pH (aumento dell’acidità e della anidride carbonica) e alla loro morte per cui non svolgeranno la loro azione di “mangia” zuccheri i quali rimarranno nell’impasto come zuccheri semplici. Lo stesso dicasi per lievitazioni troppo brevi in cui gli zuccheri, anche se complessi,  rimangono nell’impasto e non vengono digeriti dai lieviti.

Il nutrizionista Antonio Galatà, presidente di AINC (Associazione Italiana Nutrizionisti in Cucina) dimostra come una pizza margherita potrebbe essere l’alimento quotidiano perfetto in termini di apporto di calorie(sono necessarie 2.100/2.600 kcal rispettivamente per un adulto donna e uomo) e in termini di grassi e carboidrati. La base pizza da 180/250 g conferisce il giusto apporto di carboidrati (100 g) e di calorie (circa 800/900 kcal). Risulterà  importante il bilanciamento in grassi che dovrebbe essere pari a 60 g. Considerando l’apporto standard di grassi da parte dell’olio, la mozzarella nelle quantità giuste dovrebbe ammontare a  70/80 g sulla pizza. Bisognerà prestare attenzione all’aggiunta di ulteriori ingredienti grassi (salumi, formaggi) per rimanere all’interno dell’equilibrio previsto, come Galatà spiega nel suo libro “A TAVOLA E’ GIA’ TARDI” (Listaria – 2017). Sarà importante inserire ingredienti antiossidanti: la patata viola, i pomodorini,  il pesce (lo stocco, il tonno, le acciughe), la frutta secca, il peperoncino.

L’olio evo e le spezie, andrebbero poste come condimento solo dopo la cottura.  Con una temperatura superiore ai 200 °C, come avviene nel forno a legna o elettrico (anche 400 °C), si raggiunge il “punto di fumo” ed “evaporano” non svolgendo più alcun ruolo dal punto di vista nutritivo e organolettico oltre a produrre sostanze tossiche. Lo stesso per quanto riguarda altri ingredienti grassi.

Se il pizzaiolo preferisce inserire questi ingredienti in cottura essi vanno “protetti”. Ad esempio il famoso maestro pizzaiolo napoletano Luciano Sorbillo usa “coprire” olio e spezie con la passata di pomodoro prima dell’inserimento in forno.

E comunque gli ingredienti andrebbero posti sulla pizza dopo l’uscita dal forno, per evitare che vengano “degenerati” dalle alte temperature con produzione di sostanze tossiche; sostanze pericolose e cancerogene come lo è anche la parte “bruciata” e carboniosa della pizza: qui la bravura e la manualità del pizzaiolo o l’uso di forni con basi rotanti nel caso del forno a legna risolvono in parte il problema. L’uso dei forni a gas o elettrici (o misti) con temperature costanti e regolabili, soppianterà anche per questo motivo (oltre che per ragioni ambientali) l’uso dei tradizionali forni a legna.

L’aggiunta nell’impasto di purea di bacche di Goji Italiano bio, rende il pane e la pizza dei veri functional food. Il Goji fornisce polifenoli e antiossidanti che oltre a fare bene alla salute umana, contrastano i sottoprodotti dell’ossidazione che avviene durante la cottura e della reazione di Maillard che determina sostanze tossiche come le ammine eterocicliche e gli idrocarburi.  Inoltre gli zuccheri semplici del Goji  (i quattro polisaccaridi del Lycium barbarum i cosiddetti PSLB) tramite l’inserimento nell’impasto della pizza o del pane,  vengono preferiti dai lieviti i quali oltre che “spingere” la lievitazione non vanno a scindere tutto l’amido in zuccheri semplici, non idonei per i diabetici. Inoltre il Goji è a basso indice e carico glicemico (e ricchi di nutrienti), ha effetto energizzante ed al contempo “anoressizzante” ovvero riesce a spezzare la fame, blocca l’accumulo del colesterolo cattivo e regola il livello glicemico del sangue, ha effetto antinfiammatorio quindi contrasta in tal senso i carboidrati, ha effetto vasodilatatore .  Con l’uso di farine integrali da inserire nell’impasto (come ad esempio la farina di segale detta “jermano”) il pane o la pizza della salute al Goji Italiano diventano ancora più idonei oltre che elementi della dieta preventiva  rispetto al diabete. Inoltre la pizza e il pane al Goji Italiano avranno colori più intensi, tendendo al giallo ocra, presentano un’alveolatura più regolare e ampia, una maggiore morbidezza  e un gusto con una maggiore mineralità e sapidità.

Dott. Agr. Rosario Previtera, Nutraceutical Academy

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]

Diabaino News – In quegli anni… dalla guerra mondiale 1918 all’insulina 1923

Durante il corso della scuola media grande passione avevamo ricevuto dallo studio delle guerre di Indipendenza e avevamo sempre visto l’Austria come il nostro nemico e non modificarono il nostro pensiero i trattati della Triplice Alleanza (Germania, Austria-Ungheria, Regno d’Italia) tra il 1882 e il 1912 che passarono quasi inosservati; poi al liceo poco prima dell’esame di maturità fummo messi al corrente della lettera di Giovanni Giolitti che ci venne indicata come famosa per l’espressione “parecchio”, lettera scritta dallo stesso Giolitti il 24 gennaio 1915 all’on. Peano e pubblicata il 1 febbraio successivo sulla «Tribuna» con la sostituzione del “parecchio” originario con “molto”. Il neutralismo del Giolitti appare frutto di una scelta responsabile, dettata da una lunga esperienza di governo, dall’effettiva conoscenza delle forze antagoniste. Le nostre legittime aspirazioni nazionali potevano, a suo giudizio, essere soddisfatte senza gettare il paese in un conflitto che si profilava lungo e sanguinoso, un conflitto che avrebbe compromesso la nostra economia e le nostre ancora fragili istituzioni liberali. Ma il neutralismo giolittiano aveva il torto di apparire, nel clima esaltato di quegli anni, come la tesi dei pavidi, come un puro calcolo di opportunità. Perciò, a non voler considerare le riposte ragioni che facevano inclinare verso la guerra i nostri ceti industriali ed agrari, il neutralismo giolittiano fu respinto dall’opinione pubblica borghese invasata dalla retorica dannunziana.

Nel 2016 a distanza di cento anni ebbi personalmente l’opportunità di percorrere il terreno di battaglia ora al confine tra Italia e Slovenia per vedere il luoghi dove aveva perso la vita in combattimento lo zio di un caro amico, sotto la guida di uno studioso delle posizioni e dello svolgimento dello scontro militare: ogni giorno di combattimento un giorno di massacro per la conquista di pochi metri di terreno e di quota; visitai il cimitero di Redipuglia che avevo già visitato dopo la terza media, ma ora avevo alle mie spalle la lettera di Giolitti e la visione del campo di combattimento: un immenso cimitero che riempie di angoscia. Ma nel disastro umano ormai evidente appare una luce rappresentata dall’unità di popolo che in quella occasione si manifestò: giovani del meridione e del settentrione d’Italia combatterono fianco a fianco e si scarificarono, giovani che avevano completato il liceo (come lo zio dell’amico) pur in minoranza numerica si confrontarono con i giovani più numerosi che provenivano dalla campagna e forse quella è stata l’unica occasione di unità del paese dalla proclamazione del Regno d’Italia, unità che non si sarebbe più manifestata almeno fino ai giorni nostri. Possiamo quindi considerare un miracolo il sacrificio immane dei giovani italiani? Senza dimenticare il sacrificio anche di tanti giovani “nemici”. Il Centenario ci deve consentire di riflettere: viviamo da oltre settanta anni senza guerre in una Europa nella quale vivono 500 milioni di persone che si possono muovere liberamente, possono comunicare tra loro, possono lavorare senza ostacoli al commercio internazionale e quindi dobbiamo proprio che qualcuno (Konrad Adenauer Germania, Joseph Bech Lussemburgo, Johan Willem Beyen Olanda, Winston Churchill Inghilterra, Alcide De Gasperi Italia, Robert Schuman Francia, Paul-Henri Spaak Belgio, Altiero Spinelli Italia) ci ricordi che evitare la guerra ci può rendere “parecchio”?

Nel 1923 ai ricercatori Banting e Macleod andò il Premio Nobel in Fisiologia e Medicina per la scoperta dell’insulina, in mezzo a rivendicazioni e proteste.

Correva il 1916 quando il professor Nicolae Paulescu, cattedratico di Fisiologia all’Università di Medicina e Farmacia di Bucarest, in Romania, ricavò dal pancreas un liquido che iniettò successivamente in un cane con diabete. Paulescu osservò come questo liquido fosse capace di normalizzare la concentrazione di zuccheri nel sangue del cane e ne pubblicò i risultati in quattro lavori scientifici che gli permisero di ottenere, nel 1922, il brevetto per la scoperta della pancreina, il primo nome attribuito all’insulina.

Dall’altra parte dell’oceano, intanto, lo studioso canadese Frederick Grant Banting si immerse nella lettura degli studi sul diabete e sulle isole di Langerhans nel pancreas, venendo rapito dalla teoria secondo cui la molecola chiave della regolazione degli zuccheri nel sangue fosse da ricercare proprio nel secreto pancreatico. Bisognava migliorare la tecnica utilizzata per trovarla e purificarla, per poi passare a testarne l’effetto antidiabetico. Banting chiese a John James Richard Macleod, professore di Fisiologia all’Università di Toronto, il supporto tecnico per identificare la molecola responsabile dell’effetto ipoglicemico osservato da Paulescu. Il gruppo composto da Macleod, Banting, lo studente in Medicina Charles Best e il biochimico James Bertrand Collip giunse ad ottenere, nel 1922, un estratto dal pancreas purificato dai sali e dai grassi che causavano le forti reazioni allergiche osservate durante i primi trattamenti. Macleod utilizzò il termine di ”insulina” per identificare la famosa soluzione acquosa. Nel 1923 a Banting e Macleod venne assegnato il premio Nobel in Fisiologia e Medicina per la scoperta ed estrazione dell’insulina, premio che i due ricercatori prontamente condivisero con Best e Collip.

Il riconoscimento ai ricercatori canadesi aprì una lunga polemica sulla paternità della scoperta dell’insulina. Il Presidente del Comitato del Premio Nobel di Stoccolma ricevette subito una lettera da Paulescu il quale, indignato, commentò come il premio fosse stato dato a “persone che non lo meritano affatto. La scoperta degli effetti, fisiologici e terapeutici, dell’estratto pancreatico nel diabete mi appartiene tutta intera”. Del resto, Banting e Macleod avevano dichiarato fin dall’inizio di aver riprodotto in laboratorio quanto pubblicato da Paulescu, citandone spesso il lavoro e mettendo semplicemente in pratica quanto scoperto dal professore rumeno. Tutte le contestazioni e i nuovi lavori pubblicati da Paulescu sugli Archives Internationales de Physiologie risultarono inutili fino al 1969, quando il Comitato del Premio Nobel riconobbe la precedenza di Nicolae Paulescu nella scoperta del trattamento antidiabetico, ma, in base al suo statuto, escludendo la possibilità di una riparazione ufficiale. Roif Luft, Direttore del Comitato del Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina, in un articolo del 1971 dal titolo “Who discovered insulin?” dichiarò che il Premio Nobel per la scoperta dell’insulina «avrebbe dovuto essere, almeno diviso, fra Paulescu, Banting e Macleod».

Dr. Eros Barantani

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Aiutaci con una donazione [sdonations]1[/sdonations]