Un nuovo fattore di rischio:

Un notevole apporto di grassi introdotti con l’alimentazione è assolutamente richiesto nei primi anni di vita e proprio per questo nel latte materno essi sono altamente rappresentati. In questa fase iniziale, fosfolipidi e grassi sono richiesti e utilizzati in grande quantità, basti pensare  alla composizione delle  membrane cellulari , del sistema nervoso, o a molte componenti del sistema endocrino, di quello immunitario e di  altri ancora. Dopo questa prima fase di accrescimento, il fabbisogno di queste sostanze diminuisce bruscamente, ma a questo calo non si associa quasi mai una proporzionale riduzione di lipidi assunti con la dieta. Tutte le ricerche in questo campo hanno dimostrato che l’eccesso di grassi nei bambini è responsabile di depositi lipidici e costituisce la causa diretta delle famose “strie grasse”, trovate abbondanti in giovanissimi soldati americani  morti in Vietnam e Corea. Possiamo dunque ben dire che un soggetto molto giovane, anzi ancora fanciullo, sottoposto ad una alimentazione troppo ricca di grassi ha già le arterie che sono sede delle prime e iniziali lesioni che precorrono l’aterosclerosi. Crescendo, mantenendo tali abitudini alimentari, associate magari a scarsa attività fisica, fumo di sigaretta, ipertensione, diabete, questi depositi di colesterolo si stabilizzano, stimolano un processo reattivo infiammatorio delle cellule della parete arteriosa, con incapsulamento del nucleo di grasso e successiva deposizione di calcio in superficie, giungendo così alla formazione di quella che è la tipica lesione aterosclerotica, la ormai famigerata “placca”, responsabile delle occlusioni di arterie essenziali di cuore, cervello, rene e arterie periferiche, con le note e gravi conseguenze. Fortunatamente queste lesioni sono suscettibili anche di una certa regressione, per cui, riducendo nel nostro sangue soprattutto il tasso di colesterolo cattivo, esse possono ridursi e talora scomparire perdendo la loro pericolosità. Oggi infatti si apprezza che la tendenza di molti paesi caratterizzati da una alimentazione sovrabbondante, si stia spostando verso una dieta di tipo mediterraneo, cioè a minore contenuto di grassi e a prevalenza di grassi insaturi, cioè buoni, come quelli dell’olio di oliva e dei grassi dei pesci. Purtroppo noi tendiamo a rimpinzare i nostri figli in modo inopportuno, specie con le tanto reclamizzate merendine, ricche di grassi saturi, che certo costituiscono un primo grave fattore di rischio. Di conseguenza, la prima prevenzione dell’aterosclerosi va già iniziata nel bambino, proseguendo poi con regolarità per tutta la vita, se si pensa che in fondo la piacevolezza di una dieta mediterranea non è un sacrificio penoso, ma una consapevole e sapiente scelta di vita.

a cura del dott. Giuseppe Luppino, angiologo

Il trattamento delle malattie vascolari periferiche (MVP)

                 Domande e risposte sulle malattie vascolari periferiche.

D. Cos’è la malattia vascolare periferica?
R. La malattia vascolare periferica o MVP è la condizione per cui le arterie che portano il sangue alle braccia ed alle gambe si ostruiscono o si chiudono fino a rallentare o addirittura bloccare il flusso sanguigno.

D. Quali sono i sintomi della MVP?
R. Il sintomo più comune della MPV è il dolore agli arti inferiori, specialmente quando si cammina (claudicatio intermittens). Altri sintomi sono l’intorpidimento, il formicolio e senso di debolezza nelle gambe.
In casi più gravi possono svilupparsi delle ulcere,irritazioni, sui piedi o nelle gambe, che stentano a guarire. Se non trattate le ulcere possono infettarsi. In casi estremi la MVP non curata può anche andare in cancrena, una situazione grave che può richiedere l’amputazione dell’arto.

D. Quali sono le cause della MVP?
R. La MPV è portata dall’aterosclerosi o indurimento delle arterie.
L’aterosclerosi è un processo graduale in cui il colesterolo si ‘cicatrizza’ all’interno dell’arteria, formando quella che viene chiamata “placca”, fino ad ostruire l’arteria. I sintomi della MVP si possono presentare anche nel caso si formi un coagulo di sangue nell’arteria.

D. Perché si ci ammala di/si incorre nella MVP?
R. Non è data per certa quale sia la causa dell’MPV. I fattori che contribuiscono alla malattia includono comunque il fumo, la pressione alta, il diabete, il colesterolo alto, precedenti familiari di malattie cardiovascolari e l’essere in sovrappeso.

D. Cosa fare per fermare l’avanzata della MVP?
R. In alcuni casi l’MVP può essere controllata con alcuni cambiamenti nei comportamenti quotidiani, come l’introduzione di attività fisica con esercizi di ginnastica e una dieta misurata per perdere peso e abbassare il colesterolo nel sangue. Ma la cosa davvero importante da mettere in atto per rallentare la malattia è smettere di fumare.

D. Come viene trattata l’MVP?
R. Quando modificare lo stile di vita non basta per controllare l’MVP, allora si può ricorrere a diversi metodi di trattamento:
– Terapia Medica. Consiste nella somministrazione di farmaci vasoattivi per via endovenosa (Prostanoidi) o per via orale, il cui scopo è quello di migliorare l’afflusso ematico periferico determinando una vasodilatazione. Questa terapia può migliorare l’autonomia di marcia di un paziente con claudicatio intermittens, alleviare il dolore notturno da ischemia o guarire piccole lesioni,ma può anche essere una terapia complementare a quella chirurgica.
– Angioplastica. In questa procedura si inserisce nel vaso sanguigno un piccolissimo pallone agganciato ad un tubo sottile (il catetere) che viene introdotto attraverso un piccolo taglio sulla pelle. Il catetere viene posizionato all’interno della arteria ostruita sotto controllo visivo radiografico e il pallone viene quindi gonfiato per dilatare il vaso sanguigno. In alcuni casi viene anche posizionato un tubo di rete metallica (stent) che rimarrà in quella sede per mantenere aperta l’arteria. (FIG.1)
– Innesto di bypass. In questa procedura, attuata dal chirurgo vascolare, un innesto di vena prelevato da un’altra parte del corpo o realizzato artificialmente viene usato per creare una deviazione che aggira l’arteria bloccata. Il bypass ad oggi implica il trattamento chirurgico tradizionale, ma si stanno sviluppando nuove tecniche per posizionare l’innesto. (FIG. 2)
D. Come scoprire quale terapia è la migliore per il proprio caso?
R. Il miglior trattamento per l’MVP dipende da più fattori, tra cui lo stato di salute generale, la locazione ed il calibro dell’arteria interessata, la dimensione della zona ostruita.

Dott. Giovanni De Caridi

 

 

Arteriosclerosi e prevenzione

L’arrivo degli americani nel 1945, al suono del boogi- woogie e al piacevole aroma delle loro sigarette bionde, ben diverso da quello acre delle nostre Milit autarchiche e nere, creò il primo impatto con quei giovanottoni dal sorriso alla Van Johnson e dall’aspetto ben nutrito, che noi mettevamo in rapporto all’opulenza di origine, diversa da quella delle nostre popolazioni in eterna ristrettezza. Scoprimmo poi, che quella loro aria scanzonata era totalmente vera e non racchiudeva alcun tormento, almeno di quelli che avevano i nostri soldati, che si chiedevano il perché di tutto quel casino e nel contempo cercavano di arrangiarsi…Se qualcuno però in quel momento avesse fatto, a loro e ai nostri, un Eco- Doppler o qualche esame sofisticato, che solo oggi abbiamo a disposizione, avrebbe scoperto che le arterie di quei giovanottoni ben pasciuti erano più logorate di quelle dei nostri, reduci dalle privazioni dei campi di concentramento. Infatti, quando qualche anno dopo si studiarono i poveri corpi di altri giovanottoni caduti sul fronte della Corea e poi del Vietnam, si scoprì che le loro coronarie mostravano già i segni di importanti lesioni arteriosclerotiche. Queste osservazioni concordano pienamente con quelle fatte più recentemente da Thiene a Padova su ragazzi normali morti per cause accidentali o con quelli di Tuzcu in viventi normali, individuate con la tecnica degli ultrasuoni. In quest’ultima indagine si è documentato che vi erano evidenti lesioni coronariche nel 17% dei teenager, nel 37% fra i 20 e i 30 anni, nel 60% fra i 40 e i 50 anni, e nell’85% oltre i 50 anni. Il dato più curioso è che tali alterazioni arteriosclerotiche potevano non essere accompagnate da un chiaro aumento del colesterolo, come ci si sarebbe dovuto aspettare e che solo l’8% dei soggetti con questi segni ecodoppler aveva un qualche altro segno clinico di malattia. Ma attenzione, quel dato sul colesterolo vuol solo significare che il tasso di colesterolo a cui siamo sensibili, è variabile da caso a caso e la sua importanza è fuori discussione. Come dimostra il fatto che il 50% dei feti di madri con ipercolesterolemia, in gravidanza mostra già strie grasse nella parete della loro aorta e una più rapida progressione dell’arteriosclerosi con l’età. E come dimostra l’altro fatto più importante, che abbassare il colesterolo con la dieta e con i farmaci ben collaudati, riduce il rischio di ammalarsi. Allo stesso modo, la non comparsa di eventi cardio- vascolari nel 92% di coloro che hanno la parete arteriosa compromessa, sta solo a significare  che non sono importanti soltanto le lesioni di grado maggiore, ma che esistono anche  altri fattori di rischio cardio- vascolare, come l’ ipertensione, il diabete, il  fumo di sigaretta e forse perfino una componente infiammatoria e non ultimo, come in tutte le cose e come dicono i giovani di oggi, la sfiga. Da queste considerazioni si evince che l’obiettivo principale nell’ambito angiologico, resta la prevenzione. Questa può essere attuata sia individuando,  con le moderne metodiche doppler ed eco-color-doppler , le lesioni iniziali della malattia arteriosclerotica delle arterie degli arti inferiori e delle carotidi, sia   pianificando la prevenzione agendo sui comuni fattori di rischio sopra descritti.

cura del Dott. Giuseppe Luppino, Angiologo ASP RC

Rischiatutto…

Che cosa rischia una persona ipertesa prevalentemente? Beh, l’ictus cerebri, la trombosi cerebrale, il colpo. Che cosa rischia chi ha il colesterolo alto? Già, l’infarto del miocardio. Che cosa rischia chi fuma, prevalentemente? Boh.

L’arteriopatia periferica, oltre al resto (bronchite acuta asmatiforme, bronchite cronica, enfisema polmonare). Che cosa rischia la persona col diabete? Eh, come dire, tutte e sei. Ma come tutte e sei, se ne abbiamo menzionate tre? Certo, quelle tre più altre tre; prima quelle che colpiscono i grossi vasi e poi quelle che colpiscono i piccoli vasi: la retinopatia (i piccoli vasi della retina), la nefropatia (i piccoli vasi del glomerulo renale), la neuropatia (i piccoli vasi dei nervi, indicati con il termine latino di “vasa nervorum”, ma esistono anche i piccoli vasi che portano ossigeno ai vasi: “vasa vasorum”). Quando si convive con il diabete, si potrebbe pensare che quello che è successo è successo, che tutto dipende dall’isola che non c’è, dalla mancanza dell’abitante dell’isola che da essa prende il nome di “insulina” (dal latino “insula”) (ma il nome glucagone da dove deriva? Da gluca gone, generatore di zucchero, che cosa avevate pensato?); quindi controllo e autocontrollo della glicemia, iniezioni multiple di insulina sottocute nella giornata (così avevo visto Sergio a Ricadi) oppure microinfusione di insulina (così è ora Sergio, come tanti altri e altre incontrati negli indimenticabili soggiorni educativi: Ricadi, Gambarie, Camigliatello, Marsala, Sibari, Panarea, Reggio e altre località in epoca precedente poiché ricorrono ora i dieci anni dell’Associazione). Ma non di solo… carboidrati vive l’uomo…e quindi non bisogna trascurare altri aspetti della vita umana che riguarda tutti noi misteriosamente viventi senza o con il diabete, senza o con qualcosaltro, senza o con attenzione al nostro futuro che non è nelle nostre mani ma è nel nostro animo. Non possiamo mandare in… fumo ciò che ci è stato donato, è arrivato il diabete ma ci è stato donato anche il modo di affrontarlo, di con-viverci. Non dobbiamo rischiare tutto ciò che abbiamo elencato e non dobbiamo limitare l’effetto del fumo solamente a quello che esercita per esempio sulla pelle (affermazione a volte convincente per signore e signorine), non esiste tanto fumo o poco fumo, il fumo fa sempre male e lo fa in proporzione al numero di sigarette fumate moltiplicate per il numero di giorni, mesi, anni. Se me lo dicevi prima…come prima…ma sì se me lo dicevi prima…ma prima quando…ma prima no…eh si prendono dei contatti…faccio una telefonata…

Dott. Eros Barantan