Il micro dell’anziano
Ha iniziato a usare il microinfusore dopo i 70 anni e si è trovata subito bene tanto da chiamare scherzosamente ‘mio marito’ il suo Accu-Chek D-TRONplus. Precisa ma felice di accettare una sfida intellettuale e di migliorare la sua qualità della vita Emma è forse la persona più anziana in Italia ad aver iniziato una terapia con microinfusore ma non se ne preoccupa. «Del resto», dice, «anche il mio esordio con il Dm1 a 55 anni è stato particolarmente tardivo».
Emma, ultrasettantenne, ha un nuovo marito. Lo chiama così con affetto e rispetto questo nuovo compagno di vita che dall’inizio del 2007 le è vicino e la aiuta. Come si addice a una sposina, questa insegnante in pensione tornata dopo molti decenni dalla Toscana nella natia provincia di Reggio Calabria, era insieme onorata e intimorita dalla ‘proposta di fidanzamento’. «Sinceramente pensavo che non sarei mai stata capace di gestire il microinfusore, non sono mai stata troppo a mio agio con le cose elettroniche», racconta Emma con tono dolcissimo e una estrema gentilezza nei modi per nulla formale anzi che crea calore e amicizia, temevo, per esempio, durante la notte di romperlo o di staccarlo involontariamente».
Così non è accaduto invece, ora si sente più sicura?
Direi di sì, impartisco i boli, modifico leggermente le basali seguendo le indicazioni che ho ricevuto, non ho problemi a cambiare il set e la cartuccia… Sto ancora imparando comunque. Nel corso di due soggiorni educativi organizzati dalla mia associazione Diabaino, ho visto con quale tranquillità i giovani usano il microinfusore, non sembrano aver alcun timore di romperlo o rovinarlo. E probabilmente hanno ragione loro, io sono ancora come dire, un po’ rigida.
Non esistono statistiche ma è probabile che lei sia la persona che in tutta Italia ha iniziato più tardi a usare il microinfusore, Che effetto le fa?
Non è che ci pensi molto. Sicuramente un poco usare il micro mi ha ‘ringiovanito’, i ragazzi – sono loro la maggior parte degli utilizzatori del micro – sono tutti molto gentili e accoglienti. Mi è tornata la voglia di imparare e non solo intorno al diabete. Ho ripreso a viaggiare, abitudine che avevo un po’ ridotto per via del diabete.
Lei ha vissuto molti decenni con il diabete di tipo 1, come…
La devo correggere. So che sembra strano ma il mio diabete che ha richiesto fin dall’inizio l’insulina e che a tutti gli effetti si direbbe un tipo 1 è iniziato a una età anomala: avevo 55 anni. Un diabete di tipo 1 tardivo ma senza nessuna somiglianza con quello di tipo 2 che conosco bene perché lo ebbe mio marito.
Che effetto le fece?
Vivevo a Prato fino a pochi anni fa e come può immaginare ero molto ben seguita, gestire la quotidianità del diabete anche con le molte iniezioni non mi risultava troppo difficile, io ho molti difetti ma non sono una persona trascurata. Mi viene naturale una certa precisione. Quindi le glicemie andavano bene, poi – soprattutto quando sono tornata in Calabria per essere vicina a mia figlia e alla nipote – hanno iniziato a salire. Non di molto, ma fino a quel momento erano spesso perfette.
C’è chi dice che, tutto sommato, qualche punto in più di glicemia oltre i 70 anni si può accettare se non ci sono complicanze in atto…
Lo so, lo so. Ma io ho molta, molta paura delle complicanze che hanno così duramente colpito la vita di mio marito, e riesco a essere serena solo se le glicemie sono sempre nella norma. E questo avveniva sempre meno. Una amica, anch’ella di Prato ma calabrese, mi ha parlato di Diabaino e il Servizio di diabetologia di Gallico che mi ha colpito per la grande disponibilità e accoglienza. Mi sono proprio sentita affidata e quando mi hanno proposto – con mio grande stupore – il microinfusore pur con tutti i dubbi ho accettato. “Perché non devo provare?” mi sono detta ed eccomi qui.