Dia-obesità e sforzo fisico
E’ nota la relazione tra sovrappeso corporeo e ridotta sensibilità insulinica e sono altresì noti i benefici effetti che una attività fisica programmata e regolarmente eseguita esercita sia sull’efficienza fisica che sul controllo del peso corporeo.
Il soggetto con sovrappeso corporeo dimostra una ridotta capacità di lavoro legata al fatto che la cosiddetta soglia anaerobica viene superata a livelli inferiori a quelli di un soggetto normopeso. Egli tende ad utilizzare di preferenza i lipidi piuttosto che i glucidi durante sforzi fisici anche intensi e di durata piuttosto limitata ed è noto che i lipidi offrono un rendimento energetico inferiore a quello dei glucidi. Questa “preferenza” può essere legata alla ridotta sensibilità tissutale per l’insulina.
La capacità di aumentare la ventilazione durante attività fisica è limitata dal tessuto adiposo disposto sulla gabbia toracica che riduce le escursioni di volume del torace stesso.
Questo insieme di considerazioni fanno ritenere il soggetto sovrappeso, e tantopiù il soggetto francamente obeso, una “entità antieconomica” dal punto di vista ergometrico sia per motivi meccanici e che per motivi biochimici. Quanto sopra trova significativa conferma nell’osservazione che lo stesso quantitativo di lavoro implica nel soggetto obeso un consumo di ossigeno significativamente più elevato di quello richiesto in un soggetto normopeso.
In effetti l’esercizio fisico sembra svolgere una funzione benefica sia sul piano meccanico che su quello biochimico.
Da recenti nostre osservazioni risulta che il sottoporre soggetti obesi a due sedute giornaliere di mezz’ora l’una al cicloergometro a carichi di lavoro aerobico per quattro settimane, nonostante il mantenimento dell’abituale alimentazione, ha prodotto modificazioni sensibili.
Alla conclusione del periodo si sono registrate gli incrementi di lavoro massimo sostenibile (92 W vs 101 W, +10%), del livello di superamento della soglia anaerobica ( 64 W vs 74 W, + 15%), dell’acido lattico a massimo sforzo (4.9 vs 6.3, + 27%), di massima ventilazione (60 L/min vs 64, + 7%), di massimo consumo di ossigeno (1390 ml/min vs 1540, + 10%), del prodotto della pressione sistolica per la frequenza cardiaca (doppio prodotto), espressione del consumo di ossigeno cardiaco (24450 vs 25460, + 4%).
Dopo il periodo di allenamento si registrava altresì, una riduzione significativa a digiuno ed a riposo dei valori di glicemia (100 vs 87) ed insulinemia (12.8 vs 9.1), con aumento della sensibilità insulinica.
Nel contempo si osservava un calo ponderale medio di 3 Kg, con riduzione dell’indice di massa corporea (BMI da 33.9 a 32.8).
Quanto sopra corrispondeva alla percezione nei soggetti di un miglioramento della qualità di vita.
E’ nostro intendimento proseguire nel tempo l’osservazione di questi soggetti introducendo una opportuna terapia alimentare, e quantizzare gli eventuali benefici che sarebbero fondamentali nel mantenere l’impegno all’attività fisica e l’aderenza alla dieta.
Tutto ciò può essere inquadrato in un programma più ampio di prevenzione del rischio cardiovascolare che è particolarmente elevato in questa tipologia di soggetti.
Alberto Salvadori
Primario Pneumologo – Laboratorio Sperimentale di Fisiopatologia Respiratoria
Istituto Auxologico Italiano