Come identificare il Diabete
Glicemia e test di tolleranza al glucosio
Il primo semplice esame da eseguire è la glicemia a digiuno.
Se il valore oltrepassa i 126 mg/dl, in misurazioni ripetute, in giorni diversi si può fare diagnosi di diabete.Se il valore è compreso tra 110 e 126 mg/dl, è necessario approfondire l’indagine con ulteriori esami. Il più comunemente utilizzato è il test di tolleranza al glucosio (carico orale di glucosio), un esame che permette di valutare la capacità dell’organismo di contenere la glicemia entro limiti nomali dopo la somministrazione di un carico orale di glucosio di 75 g (dose standard). (Box Clinica: esecuzione del carico orale di glucosio)
Come abbiamo detto, l’indicazione principale per effettuare una curva da carico orale di glucosio è una glicemia compresa tra 110 e 126 mg/dl, ma esistono anche altre condizioni in cui è il caso di indagare approfonditamente per l’esistenza di altri fattori di rischio: familiarità, obesità, soggetti giovani con manifestazioni neurologiche, aterosclerotiche, coronariche, retinopatiche di cui non sia chiara la causa.
Insulinemia
Il dosaggio dell’insulina (insulinemia) è un altro esame molto importante in quanto permette di stabilire direttamente la funzionalità delle cellule beta del pancreas. La misurazione effettuata durante il test di tolleranza al glucosio ci fa vedere “dal vivo” la capacità dell’organismo di produrre insulina circolante sotto lo stimolo indotto dal glucosio.
Il medico, attenendosi ai criteri riconosciuti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), potrà interpretare i risultati combinati di glicemia ed insulina, indicando lo stato di normalità, una ridotta tolleranza al glucosio o la presenza di diabete mellito conclamato.
Esame delle urine
Un altra indagine di facile realizzazione e che può essere effettuata anche dallo stesso paziente è l’esame delle urine. Con esso è possibile identificare la presenza di glicosuria (glucosio nelle urine) e chetonuria (presenza di corpi chetonici nelle urine). Se vi è glucosio nelle urine significa come già detto che la glicemia è oltre i 180 mg/dl perché solo oltre questa concentrazione il rene elimina il glucosio con le urine (soglia renale per il glucosio). La glicosuria deve essere effettuata nell’arco della giornata tra un pasto e l’altro, per scoprire eventuali aumenti della glicemia che non siano evidenti a digiuno ma solo dopo i pasti.
La chetonuria è sempre espressione di un grave scompenso metabolico.
C-peptide
Il peptide C è un frammento della molecola originale dalla quale si forma l’insulina. Come si vede nella figura sotto, quando dalla molecola iniziale si produce l’insulina vera e propria viene rilasciato anche il peptide C.
Sequenza di attivazione dell’insulina e rilascio del peptide C
Dalla molecola della pre-proinsulina si distacca prima il peptide segnale, poi si formano i ponti disolfuro (S-S) tra due sequenze peptidiche (proinsulina). Tutto il frammento intermedio tra le due catene legate dai ponti disolfuro, il peptide C, si distacca e resta la molecola di insulina attiva.
Nei pazienti che fanno terapia con insulina, per verificare la capacità secretoria delle cellule beta non possiamo valutare direttamente l’insulinemia, perchè verrebbe misurata anche quella somministrata come farmaco. Possiamo allora valutare la concentrazione di peptide C (che non è contenuto nell’insulina farmacologica), specie nei pazienti affetti da diabete mellito di recente insorgenza, per verificare la capacità residua delle cellule beta di produrre insulina endogena.
Quadro Anticorpale
Dal momento che nel diabete di tipo 1 in fase di esordio si ha spesso la formazione di anticorpi contro vari elementi in causa nella malattia diabetica (cellule beta del pancreas, insulina) si utilizzano test per svelare nel sangue alcuni di questi anticorpi. Questi esami sono effettuati di solito per diagnosticare la fase iniziale del diabete di tipo 1 o per individuare soggetti a rischio di sviluppare questo tipo di diabete.
Anticorpi anti-cellule insulari (ICA, Islet Cell Antibodies)
Questi anticorpi sono presenti in più del 95% dei casi di diabete di tipo 1 in fase iniziale e tendono poi a ridursi sino alla loro scomparsa. Si tende ad attribuire a questi anticorpi un ruolo predittivo della comparsa di diabete: è stato visto che il 50% dei parenti di primo grado (genitori, fratelli, figli) di soggetti con diabete e portatori di anticorpi ICA hanno sviluppato il diabete entro 9 anni dalla loro evidenziazione. Il valore predittivo è ancora più alto (63%) se i soggetti avevano nel sangue anche anticorpi anti-insulina (IAA).
Anticorpi anti-insulina (IAA, Insulin Auto Antibodies)
Questi anticorpi possono comparire in circolo prima dell’esordio clinico del diabete e sono associati ad un elevato rischio di malattia nei parenti di primo grado di soggetti con diabete di tipo 1. Presentano una correlazione inversa sia con l’età sia con la durata della fase preclinica: più elevati sono i livelli di IAA, più rapida sembra essere la progressione verso la malattia, per tale motivo sono un valido marker di predizione della malattia solo in soggetti di età inferiore ai 10 anni. E’ stata osservata un’associazione significativa tra positività autoanticorpale e presenza di HLA DR4.
Questi anticorpi IAA sono importanti per due ordini di motivi. Innanzitutto, sono stati riscontrati in molti soggetti considerati a rischio per il diabete e tale riscontro è spesso parallelo a quello degli ICA descritti precedentemente, aumentando il fattore di rischio per la malattia. Inoltre essi erano alla base di difficoltà terapeutiche quando si utilizzava insulina non di sintesi. La somministrazione di insulina induceva la formazione di questi anticorpi che si legavano ad essa e ne bloccavano l’azione. Poteva però accadere che l’insulina, imprevedibilmente, si liberava da questo legame e poteva indurre crisi ipoglicemiche, in qualunque momento della giornata.
Questi anticorpi si rendevano quindi responsabili di una grave instabilità della malattia. Con l’avvento dell’insulina ricombinante di sintesi, identica a quella umana, questi anticorpi reattivi sono scomparsi.
Anticorpi anti-GAD (GAD Glutamic Acid decarboxylase auto antibodies)
Questi anticorpi sono più sensibili e più specifici rispetto agli ICA. Nell’uomo esistono due isoforme di GAD, che differiscono tra loro per peso molecolare (65kD e 67kD), per derivazione genica e per distribuzione tissutale. La GAD65 rappresenta l’isoforma predominante nelle isole pancreatiche, nelle quali è espressa sia dalle cellule a sia dalle cellule b e sembra localizzata a livello delle microvescicole sinaptiche. Essa è codificata da un gene situata nel cromosoma 2 e presenta un’omologia del 65% con la GAD67. Autoanticorpi antiGAD 65 ed antiGAD67 sono stati riportati nei soggetti sia prima sia ala momento della diagnosi di diabete, tuttavia la GAD65 sembra rappresentar l’isoforma dominante.
Autoanticorpi anti-tirosina fosfatasi insulare IA-2
Sono stati dimostrati in soggetti con diabete di tipo 1 prima ed al momento dell’esordio clinico della malattia, sono autoanticorpi che reagiscono con due proteine insulari di 37kD (IA2) e di 40kD (IA2b). Sono altamente predittivi di futura comparsa della malattia in parenti di 1° grado di soggetti con diabete di tipo 1.
Emoglobina glicosilata (HbA1c)
L’emoglobina glicosilata è un parametro molto utile per valutare il controllo glicemico del paziente. Infatti, mentre la glicemia ci da’ una fotografia “istantanea” della situazione glicemica, l’emoglobina glicosilata è come un “film” che indica se la glicemia è stata ben controllata nei 3 mesi circa precedenti. Questa misurazione si basa sul seguente principio: l’emoglobina, che serve a trasportare l’ossigeno ai tessuti, è contenuta nei globuli rossi, i quali hanno una vita media di 120 giorni. Quando nel paziente diabetico la glicemia si eleva, una parte del glucosio si lega irreversibilmente all’emoglobina (glicosilazione) formando appunto emoglobina glicosilata (HbA1). Questa forma di emoglobina è stabile, fino a quando i globuli rossi non completino il loro ciclo vitale e siano distrutti. Diciamo che in questa proteina, in caso di aumento della glicemia, resta una “traccia” indelebile di quanto è avvenuto. Quindi l’HbA1 è un indice fedele del controllo metabolico che nei diabetici non deve essere superiore al 6-7%.
Staff Diabaino